Il suo saggio del 1536 intitolato De rebus et dispositionibus dubiis (Delle cose e delle disposizioni dubbie)[2] fu vastamente citato in epoche successive a proposito delle sue considerazioni in materia di diritto d'autore. Fu considerato fondamentale nell'avvio in Italia dell'indirizzo legislativo in direzione della tutela degli interessi degli autori[3].
^Le cariche di avvocato e procuratore fiscale corrispondono all'incirca a quelle in tempi moderni previste per l'avvocatura dello Stato; per un approfondimento su questa figura relativamente al Comune di Lucca, si veda questo studioArchiviato il 13 maggio 2006 in Internet Archive.
^Alberto Bruno da Asti, De rebus et dispositionibus dubiis, Tipografia Francesco Baroni, 20 agosto 1536, Asti
^Sul ruolo di questo saggio a tali effetti, diverse fonti; ad esempio Giuseppe Panattoni, Lorenzo Panattoni, Memoria sulla riproduzione dei Promessi sposi del c. Alessandro Manzoni fatta in Firenze nel 1845 dal sig. F. Le Monnier: Repliche giuridiche e Rettificazione alla difesa del Tipografo ricorrente avanti la C. di Cassazione della Toscana, Tipografia Barbèra, Firenze, 1861. Fonte di diverso segno, ma coincidente con quella di Panattoni sul punto dell'influenza avuta da quest'opera, la lettura datane da Lodovico Bosellini (Lodovico Bosellini, Della proprietà letteraria e di uno scritto del signor Laboulaye intorno alla medesima, in La Temi - Giornale di legislazione e di giurisprudenza, Volume VI, Tipografia Barbèra, Firenze, 1857).