L'anglicanesimo o anglicanismo[1] è una confessione cristiana riformata, e che ebbe origine nel XVI secolo con la separazione della Chiesa d'Inghilterra dalla Chiesa cattolica imposta dal re Enrico VIII (scomunicato). Comprende chiese che sono storicamente legate ad essa ed altre con credenze, pratiche di culto e strutture affini, sebbene non identiche.
La parola anglicano ha avuto origine da ecclesia anglicana, una frase latina risalente al 1246 che significa "chiesa inglese". Gli aderenti all'anglicanesimo sono chiamati anglicani. La maggioranza di loro fa parte delle chiese aderenti alla Comunione Anglicana internazionale[2]. Ci sono, tuttavia, varie chiese al di fuori della Comunione Anglicana che si autodefiniscono anglicane: sono quelle legate all'anglicanesimo continuo[3], su posizioni conservatrici. Il capo ufficiale della religione anglicana è di fatto il sovrano della corona inglese, il cui successore corrisponde all’erede del trono, sebbene questa autorità rappresenti ormai una capacità simbolica.
La dottrina della Riforma anglicana è sostanzialmente una fusione di elementi luterani e calvinisti e in parte anche cattolici; l'anglicanesimo, infatti, rivendica di essere fondato sulla Bibbia, sulle tradizioni della chiesa apostolica, sulla successione apostolica* ("episcopato storico") e sugli insegnamenti dei padri della Chiesa[4]. Secondo un'immagine che viene fatta risalire a Richard Hooker, esso poggerebbe su un "triplice piedistallo": Sacre Scritture, tradizione e ragione. L'anglicanesimo costituisce uno dei maggiori rami del cristianesimo occidentale, avendo dichiarato la sua indipendenza dal Papa in modo definitivo nel 1558 con l'insediamento al trono di Elisabetta I[5]. Molti dei nuovi formulari anglicani della metà del XVI secolo corrispondevano strettamente a quelli del protestantesimo o calvinismo contemporaneo.
Questi formulari all'interno della Chiesa d'Inghilterra vennero acquisiti e adattati al culto anglicano dall'allora arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer, con la scrittura e pubblicazione di testi anglicani basilari, cioè il Book of Common Prayer e i Trentanove articoli di religione, a cui susseguì un graduale slittamento teologico e liturgico verso posizioni intermedie tra le due maggiori tradizioni protestanti emergenti, vale a dire il luteranesimo e il calvinismo[6].
Entro la fine del XVI secolo, il mantenimento nell'anglicanesimo di molte forme liturgiche tradizionali cattoliche e della struttura episcopale venne visto come inaccettabile dagli anglicani che promuovevano i principi protestanti più radicali, mentre nei secoli successivi alcuni teologi ed ecclesiastici anglicani, come Edward Bouverie Pusey e John Henry Newman, auspicarono un riavvicinamento al culto cattolico, in parte propriamente convertendosi al cattolicesimo e in parte formando il cosiddetto "anglo-cattolicesimo". Questo costituisce però una minoranza nell'anglicanesimo, come - su un fronte dottrinale diverso - il movimento della "Broad Church" (Chiesa larga) che, riprendendo il latitudinarismo anglicano del '600, ha sviluppato dalla seconda metà dell'800 posizioni critiche nei confronti della interpretazione dogmatica dei "credi" e di un uso pedissequo del Book of Common Prayer, sostenendo l'importanza della ricerca religiosa e del confronto costruttivo con altre tradizioni cristiane e non-cristiane.