Bhumibol Adulyadej

Rama IX il Grande
Bhumibol Adulyadej nel 1960
Re di Thailandia
Stemma
Stemma
In carica9 giugno 1946 –
13 ottobre 2016
Incoronazione5 maggio 1950
PredecessoreAnanda Mahidol
SuccessoreVajiralongkorn
NascitaCambridge, 5 dicembre 1927
MorteBangkok, 13 ottobre 2016 (88 anni)
SepolturaWat Bowonniwet, 30 ottobre 2017
DinastiaChakri
PadreMahidol Adulyadej
MadreSrinagarindra
ConsorteSirikit
FigliUbolratana Rajakanya
Vajiralongkorn (Rama X)
Sirindhorn
Chulabhorn Walailak
Firma

Bhumibol Adulyadej, per esteso Phumibon Abuyadej Ramadhibodi Chakrinarubodin Sayamindaradhraj Boromanatbophit (in thailandese ภูมิพลอดุลยเดช; trascrizione IPA: [pʰuːmipʰon adunjadeːt]; ; Cambridge, 5 dicembre 1927Bangkok, 13 ottobre 2016[1]), è stato re di Thailandia dal 9 giugno 1946 fino alla sua morte, nono sovrano della dinastia Chakri.

Conosciuto anche con il nome di Rama IX, il suo regno è durato oltre settant'anni ed è stato il più lungo della storia del suo Paese, il più lungo tra quelli dei sovrani asiatici (se si escludono alcuni maharaja indiani[senza fonte]) ed è al 3º posto nella classifica dei regni più lunghi della storia. È venerato come padre della nazione e l'anniversario del suo compleanno, il 5 dicembre, è stato associato alla festa del papà[2]. Nel 1987 gli venne conferito il titolo di Rama IX il Grande.[3][4][5][6]

Durante il suo regno, la monarchia thailandese riconquistò il carisma e buona parte dei poteri persi dopo la rivoluzione siamese del 1932, quando re Rama VII era stato costretto da un gruppo di militari e intellettuali a concedere la Costituzione e in seguito ad abdicare. Bhumibol riuscì in questo intento nella seconda metà degli anni cinquanta grazie al suo equilibrato operato in campo politico, sociale e religioso, e all'aiuto dell'aristocrazia lealista che si opponeva all'eccessivo potere dell'Esercito. Da quel momento vi fu un'unità di intenti tra la monarchia e una nuova generazione di militari, che si unirono per eliminare il comunismo e fare progressi in campo economico con l'aiuto degli Stati Uniti.[7]

Fu un monarca costituzionale ma intervenne più volte in maniera decisiva nelle scelte governative. Gli è stato riconosciuto di aver agevolato la transizione verso la democrazia della Thailandia nel 1990, anche se sostenne numerosi regimi militari, tra cui quelli di Sarit Dhanarajata (1957-1963), Thanom Kittikachorn (1963-1973) e Prem Tinsulanonda (1980-1989). Nel periodo in cui fu sovrano vi furono 26 primi ministri, 19 costituzioni e 15 tentati colpi di Stato, di cui 9 portati a termine.[8] Esercitò la sua influenza anche per fermare i colpi di Stato del 1981 e nel 1985 ai danni del governo del generale Tinsulanonda, rifiutandosi di riconoscere l'autorità dei militari che li avevano promossi. Fu accusato di preferire le dittature militari ai governi eletti democraticamente, ma i monarchici ritengono che i suoi limitati poteri costituzionali non gli consentissero di comportarsi diversamente.[7]

Bhumibol è rispettato e venerato da molti thailandesi,[9] per i quali il re è legalmente considerato "inviolabile" e l'offesa alla sua dignità, la lesa maestà, viene punita con pene che possono arrivare a 15 anni di detenzione.[10] Dopo il colpo di Stato militare che pose fine al governo Thaksin nel 2006, tra i motivi con cui i vertici dell'Esercito giustificarono il proprio operato vi fu l'accusa all'ex primo ministro di cospirare con i comunisti per rovesciare la monarchia, caso estremo di lesa maestà.

In un discorso pubblico, nel 2005 Bhumibol invitò i thailandesi a esprimere le proprie critiche contro la sua persona, se lo ritenevano giusto,[11] ma molti cittadini che in seguito lo criticarono furono arrestati. L'organizzazione non governativa Human Rights Watch, che si occupa della difesa dei diritti umani, ritiene che la legge sulla lesa maestà in Thailandia venga usata dalle élite che controllano il Paese per reprimere le opposizioni.[12]

  1. ^ Guido Santevecchi, Addio a re Bhumibol: la Thailandia piange il suo storico sovrano, Corriere della Sera, 13 ottobre 2016. URL consultato il 13 ottobre 2016.
  2. ^ Baker e Phongpaichit, 2005, pp. 175-180.
  3. ^ (EN) Irene Stengs, Worshipping the Great Moderniser: King Chulalongkorn, Patron Saint of the Thai Middle Class, University of Washington Press, 14 luglio 2009, ISBN 978-0-295-98917-4.
  4. ^ (EN) Nicholas Grossman (a cura di), Chronicle of Thailand: Headline News Since 1946, Editions Didier Millet, 2009, ISBN 978-981-4217-12-5.
  5. ^ Fry, Nieminen e Smith, p. XXXVI.
  6. ^ (EN) Rotary International, The Rotarian, Rotary International, novembre 2000, p. 13. URL consultato il 18 ottobre 2017.
  7. ^ a b (EN) How King Bhumibol shaped modern Thailand, su bbc.com (archiviato il 14 aprile 2019).
  8. ^ (EN) Thailand’s tears, su economist.com. URL consultato il 16 ottobre 2016.
  9. ^ Fry, Nieminen e Smith, p. 9.
  10. ^ (EN) Lefevre, Amy Sawitta, Thai TV show draws army wrath for lese-majeste debate, su reuters.com, Reuters. URL consultato il 29 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2015).
  11. ^ (EN) Royal Birthday Address: 'King Can Do Wrong', su nationmultimedia.com, National Media, 5 dicembre 2005. URL consultato il 1º maggio 2007 (archiviato il 30 settembre 2007).
  12. ^ (EN) Lefevre, Amy Sawitta, Strict laws in Thailand prohibit debate on monarchy, su reuters.com, Reuters. URL consultato il 29 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).

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