La biologia della conservazione (o ecologia della conservazione) è una disciplina che tratta questioni relative alla perdita, al mantenimento o alla restaurazione di biodiversità. Robert Barbault la presenta[1] come una disciplina di gestione della crisi; essa mira ad identificare le popolazioni in declino o residuali e le specie in pericolo, per determinare le cause del loro declino, proporre, testare e validare mezzi per rimediare a tale declino (eventualmente provvisoriamente ex situ). Per G. Evelyn Hutchinson (nel 1965) si tratta a sua volta di «conservare gli attori del dramma evolutivo e lo scenario ecologico nel quale esso si recita».
Questa disciplina è recente e di origine prevalentemente anglosassone. Essa - ai suoi inizi o in certi paesi - è stata influenzata dai metodi di conservazione del patrimonio culturale e architettonico, poi più generalmente dall'ecologia scientifica. Nella seconda metà del XX secolo, la sua multidisciplinarità si è estesa evolvendo verso l'ecologia e appoggiandosi alla biogeografia, all'ecologia del paesaggio, alla genetica delle popolazioni, alla modellizzazione, alla cartografia SIT, ma anche alla sociologia, all'economia, alla filosofia e alle scienze politiche[2], ecc.
Attualmente, anche nuove tecnologie nei campi della biologia molecolare e della bioinformatica, come le NGS, contribuiscono alla biologia della conservazione[3]. Dal sequenziamento massivo ed economico del materiale genico si possono collezionare molti e importanti dati[4], sia biologici sia riguardo allo stato di salute delle popolazioni (spesse volte correlato allo stato di salute dell'ambiente stesso in cui esse vivono, dell'impatto antropico che lo caratterizza, etc.)[5] Tutte queste possibilità in ambito di gestione, salvaguardia e monitoraggio delle specie vengono condensate nella nuova disciplina della genomica della conservazione,[6] che analizzando gli interi genomi degli organismi, o gran parte di essi, riesce ad identificare il rischio di estinzione insito nel codice genetico e suggerire adeguate strategie di conservazione volte ad evitare l'estinzione, anche genetica, della popolazione o della specie[3]. Numerosi sono i progetti, sia a livello nazionale sia internazionale, nati per perseguire tale scopo.[7][8][9]
La biologia della conservazione ha influenzato molto le strategie internazionali di protezione della natura, tra cui quelle in seno all'ONU e all'UNESCO; l'espressione è molto presente in particolare nella Convenzione sulla diversità biologica (CDB) di Rio de Janeiro, ma non vi è stata ridefinita.