Caduta dell'Impero romano d'Occidente

La distruzione dell'Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato molto probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie "Il corso dell'Impero" del 1836, oggi a New York, presso la New-York Historical Society.

La caduta dell'Impero romano d'Occidente viene fissata formalmente dagli storici nel 476 d.C., anno in cui Odoacre depose l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augusto. Ciò fu il risultato di un lungo processo di declino dell'Impero romano d'Occidente in cui quest'ultimo non riuscì a far rispettare il suo dominio sulle sue province e il suo vasto territorio fu diviso in diverse entità.

Gli storici moderni hanno ipotizzato diversi fattori causali, tra cui il declino dell'efficienza del suo esercito, la salute e il numero della popolazione, la crisi dell'economia, l'incompetenza degli imperatori, le lotte interne per il potere, i mutamenti religiosi e l'inefficienza dell'amministrazione civile. Anche la crescente pressione da parte delle invasioni barbariche, ovvero di popoli estranei alla cultura latina, contribuì notevolmente alla caduta.

Sebbene la sua legittimità sia durata per secoli e la sua influenza culturale permanga ancora oggi, l'Impero d'Occidente non ha mai avuto la forza di risorgere, non riuscendo più a dominare alcuna parte dell'Europa occidentale a nord delle Alpi. L'Impero romano d'Oriente, o bizantino, sopravvisse e, sebbene diminuito in forza, rimase per secoli una potenza effettiva del Mediterraneo orientale fino alla sua definitiva caduta nel 1453 da parte dei Turchi ottomani.


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