Cile | |
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Dati amministrativi | |
Nome completo | Repubblica del Cile |
Nome ufficiale | República de Chile |
Lingue ufficiali | Spagnolo |
Lingue parlate | Spagnolo |
Inno | Himno Nacional de Chile |
Capitale | Santiago del Cile |
Politica | |
Forma di governo | Repubblica presidenziale (de iure) Dittatura militare (de facto) |
Presidenti del Cile | |
Presidenti della Giunta militare del Cile |
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Nascita | 11 settembre 1973 con Augusto Pinochet |
Causa | Colpo di Stato in Cile del 1973 |
Fine | 11 marzo 1990 |
Causa | Plebiscito cileno del 1988 e Elezioni generali in Cile del 1989 |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | America meridionale |
Popolazione | 10.100.000[senza fonte] di abitanti nel 1973 |
Economia | |
Valuta | Peso cileno |
Evoluzione storica | |
Preceduto da | Cile |
Succeduto da | Cile |
Ora parte di | Cile |
Cile di Pinochet (nella storiografia di lingua spagnola Régimen Militar, cioè "Regime militare")[1] è un'espressione che identifica il periodo della storia del Cile che va dal golpe del settembre 1973, quando Augusto Pinochet divenne capo della giunta militare, all'11 marzo 1990, quando in Cile, tornato alla democrazia, entrò in carica il presidente eletto Patricio Aylwin.
Pinochet iniziò immediatamente dei radicali cambiamenti sociali ed economici, sciogliendo i partiti politici e adottando una politica liberista, nazionalista[2], anti-liberale[3][4] ed anticomunista. Il nuovo regime si avviò a schiacciare le istituzioni rappresentative che avevano permesso al Cile (grazie al meccanismo previsto per le elezioni presidenziali del 1970) di diventare la prima nazione al mondo con un capo di Stato marxista democraticamente eletto con il 36% delle preferenze, Salvador Allende[5].
La duratura democrazia del Cile divenne una dittatura militare (espressione tuttora contestata e fatta sostituire nei libri di scuola con "regime militare" dal governo cileno[6]), e l'esperimento socialista, che aveva causato una grave crisi economica e un'impennata dell'inflazione, si era concluso in modo tragico con un sanguinoso colpo di stato nel 1973. Il Regime terminò nel 1990 per via di due eventi, il plebiscito del 1988, in cui il 55% (contro il 44%) dei votanti rifiutarono Pinochet e le elezioni generali del 1989. L'11 marzo 1990 divenne presidente Patricio Aylwin, quasi 17 anni dopo il golpe.
Il Rapporto Rettig e altre documenti, redatti dopo la dittatura, si occuparono del conteggio delle vittime dei militari e contarono ufficialmente 3.508 morti (2.298 assassinati o giustiziati, 1.210 sparizioni forzate, desaparecidos anche nei voli della morte)[7] e 28.259 vittime di tortura, di persecuzione, esilio forzato o prigionieri politici[8][9], per un totale di circa 31.000-32.000 persone vittime di violazioni di diritti umani a vario titolo da parte del regime, cifra portata a 40.018 (di cui 3.065 "morti o forzatamente scomparsi"), secondo un computo del 2011.[10]
Nonostante ciò, i cileni sono ancora molto divisi riguardo al Régimen Militar e alla figura di Pinochet, ad esempio in un sondaggio del 2013 il 9% degli intervistati giudicò gli anni del regime di Pinochet come "buoni" o "molto buoni" e sostenne che egli "dovrebbe essere ricordato come uno dei maggiori leader della storia cilena", ed il 36% ritenne quegli anni un misto di male e bene o non aveva un'opinione al riguardo[11].