Il termine, nato in ambito bibliografico e biblioteconomico, è di conio piuttosto recente: adoperato inizialmente come aggettivo (sinonimo di cinquecentesco) in attributo di edizione[1], a partire dagli anni Sessanta del Novecento comincia a comparire abitualmente come sostantivo.[2]
Nella letteratura specializzata, per riferirsi alle pubblicazioni edite nei primi decenni del XVI secolo, che mantengono ancora alcune caratteristiche formali simili a quelle dell'incunabolo,[3] si usa talvolta il termine postincunabolo.[4]
^Tra i primi se non il primo a usare il termine come aggettivo fu il bibliotecario e bibliografo Giuliano Mambelli (Forlì 1879-1960) nell'opuscolo: Indice delle più note edizioni cinquecentine (1500-1550) della Biblioteca Comunale Trisi di Lugo, In Lugo, nella stamperia di Ferretti & socio, 1920.
^Ad es. nell'importante repertorio bibliografico: Le cinquecentine piemontesi, 3 voll., a cura di Marina Bersano Begey e Giuseppe Dondi, Torino, Tipografia torinese editrice, 1961-66.
^A. Strepparola, Il Manuzio: dizionario del libro, Milano, Bonnard, 2005, p. 212.
^Il limite cronologico per l'uso di tale termine tecnico varia più o meno arbitrariamente a seconda dei bibliografi: c'è chi lo estende al primo quarto e addirittura fino alla prima metà del Cinquecento; altri lo riducono al primo decennio. Quello del 1520 è autorevolmente adottato in: Robert Proctor, An index to the early printed books in the British Museum, Part II: MDI-MDXX, London, Kegan Paul, Trench, Trübner, 1903.