Colpo di Stato del 18 brumaio

Colpo di stato de 18 brumaio
parte della Rivoluzione francese
Bonaparte di fronte al Consiglio dei Cinquecento
Data18 brumaio (9 novembre) 1799
LuogoSaint-Cloud, Francia
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Nella Francia post monarchica, il colpo di Stato del 18 brumaio, anno VIII della Rivoluzione (9 novembre 1799), compiuto da Napoleone Bonaparte, segnò la fine del Direttorio - già fautore di un colpo di Stato il 18 fruttidoro dell'anno V (4 settembre 1797) - e della Rivoluzione stessa, dando inizio al Consolato guidato dalle personalità di Bonaparte, Sieyès e Ducos.

Dopo aver respinto l'uso della forza il 18 brumaio facendo approvare dalle assemblee un decreto che trasferì le due Camere fuori Parigi, a Saint-Cloud, e aver cercato di mantenersi nella liceità della Costituzione, protestando davanti al Consiglio degli Anziani la propria fedeltà alla Repubblica «fondata sulla vera libertà, sulla libertà civile, sulla rappresentanza nazionale»[1], Bonaparte il 19 brumaio (10 novembre 1799) decise di rompere gli indugi. Dichiarò ad Augereau e Bernadotte:

(FR)

«Le vin est tiré, il faut le boire[2]»

(IT)

«Quando il vino è spillato, bisogna berlo»

Lo stesso giorno, la mattina, i timori dei giacobini del Consiglio dei Cinquecento si fecero più forti, il Castello di Saint-Cloud appariva in fermento e tra i deputati si faceva strada il sospetto che si preparasse un colpo di Stato volto a instaurare la dittatura.[2] Essendo ormai praticamente disciolto il direttorio, in una situazione di profonda confusione, Napoleone entrò nella sala degli Anziani e pronunciò un discorso retorico e ostile nel quale minacciò i deputati. In risposta Bonaparte venne coperto di insulti e subì un tentativo di linciaggio da parte dei rappresentanti. Condotto via a fatica il generale, sotto una scorta di soldati guidati da Murat e Lefebvre, Sieyès consigliò di passare all'azione.

Luciano Bonaparte, presidente dell'assemblea, abbandonato il proprio seggio assieme a un drappello di granatieri, raggiunse il fratello e arringò i pretoriani, convinti che si fosse tentato di uccidere il loro generale. Guidati da Leclerc e da Murat (che urlò «sbattete fuori tutta questa gente»), gli uomini fedeli a Napoleone sgomberarono l'aula del Consiglio dei Cinquecento. In seguito vennero apprestate le misure che assegnarono il potere ai consoli e garantirono la necessaria formale legalità alla congiura.[2] Un centinaio di deputati, tra i più malleabili, vennero costretti a votare una "dichiarazione di riconoscenza" ai generali e approvare modifiche costituzionali che rispettassero scrupolosamente la prassi parlamentare.

  1. ^ François Furet e Denis Richet, La Rivoluzione francese, Milano, 2004, p. 583.
  2. ^ a b c François Furet, Denis Richet, La Rivoluzione francese, Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari 1974

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