Conflitto israelo-palestinese parte del conflitto arabo-israeliano | |||
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Il conflitto israelo-palestinese (in ebraico הסכסוך הישראלי-פלסטיני?, Ha'Sikhsukh Ha'Yisraeli-Falestini; in arabo الصراع الفلسطيني الإسرائيلي?, al-ṣirāʿ al-filasṭīnīyy al-'isrā'īliyy) è il conflitto politico, armato e sociale in corso tra Israele ed i palestinesi, ed ha origine all'inizio del XX secolo.[5] Il conflitto è parte del più vasto conflitto arabo-israeliano. Sono stati identificati[senza fonte] quattro principali ostacoli alla risoluzione dei conflitti: la creazione di confini sicuri e definiti, il controllo di Gerusalemme, gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi e il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. A questi devono essere aggiunti altri ostacoli, come le uccisioni politicamente motivate di civili israeliani o palestinesi, la libertà di movimento palestinese, la sicurezza israeliana e altre questioni relative ai diritti umani. La violenza derivante dal conflitto ha portato a varie posizioni internazionali in relazione ad esso.
Sono stati intavolati vari tentativi di negoziazione per una soluzione dei due Stati, che implicherebbe la creazione di uno Stato di Palestina indipendente, accanto allo Stato di Israele.
Nel 2016, secondo uno studio dell'Istituto israeliano per la democrazia e del Centro palestinese per la ricerca e le indagini politiche, la maggioranza degli israeliani e dei palestinesi ha mostrato di preferire la soluzione dei due stati per risolvere il conflitto.[6] D'altro canto, una considerevole maggioranza della popolazione israeliana ritiene legittima l'esigenza palestinese di creare uno Stato indipendente e ritiene che Israele possa accettare la creazione di tale Stato. La maggior parte dei palestinesi e degli israeliani vede la Cisgiordania e la striscia di Gaza come il luogo ideale dell'ipotetico Stato palestinese in una soluzione a due Stati. Tuttavia, vi sono importanti aree di disaccordo sulla forma di un accordo finale e anche sul livello di credibilità che ciascuna parte apprezza nell'altra nel difendere gli impegni di base.[7]
All'interno della società israeliana e di quella palestinese, il conflitto genera un'ampia varietà di posizioni. Un tratto distintivo del conflitto è stato il livello di violenza perpetratosi per gran parte della sua durata. Ci sono stati scontri tra eserciti regolari, gruppi paramilitari, cellule terroristiche e cittadini indipendenti. Questi scontri non sono stati strettamente limitati al campo militare ed hanno causato un gran numero di vittime tra la popolazione civile di entrambe le parti.
Ci sono importanti attori internazionali coinvolti nel conflitto. Le due parti che hanno partecipato ai colloqui di pace diretti, se presenti, sono il governo di Israele, attualmente guidato da Benjamin Netanyahu e lo stato di Palestina, attualmente presieduto da Mahmud Abbas. Il Quartetto per il Medio Oriente, composto da un inviato speciale degli Stati Uniti, un altro dalla Russia, un terzo dall'Unione europea ed uno dalle Nazioni Unite, media i negoziati ufficiali. La Lega araba è un altro attore importante che ha proposto un'Iniziativa di pace araba. L'Egitto, membro fondatore della Lega araba, è stato storicamente un partecipante chiave.
Dal 2007, la politica palestinese è stata fratturata dal conflitto tra le due principali fazioni: Fatah e lo storico rivale Hamas. In seguito alla vittoria di Hamas alle elezioni legislative in Palestina del 2006 e alla sua presa di potere nella striscia di Gaza a giugno 2007, il territorio controllato dall'Autorità Nazionale Palestinese (il governo provvisorio palestinese) è di fatto diviso tra Fatah in Cisgiordania ed Hamas nella striscia di Gaza. La divisione del comando tra le parti ha causato il crollo del governo bipartitico dell'ANP. I negoziati diretti tra il governo israeliano e la guida palestinese sono iniziati nel settembre 2010 e miravano a raggiungere un accordo sullo status ufficiale finale, ma poco dopo sono stati interrotti a tempo indeterminato.