Il coraggio (dal latino coratĭcum o anche cor habeo, aggettivo derivante dalla parola composta cŏr, cŏrdis ’cuore’ e dal verbo habere ’avere’: avere cuore), chiamato anche valore o prodezza, è la scelta e la volontà di affrontare la sofferenza, il dolore, il pericolo, l'incertezza o l'intimidazione, specialmente in battaglia. Più precisamente, è la capacità di affrontare la paura.
Il coraggio fisico è quello di fronte al dolore fisico, alle difficoltà, alla morte o alla minaccia di morte; mentre il coraggio morale è la capacità di agire correttamente di fronte all'opposizione popolare, alla vergogna, allo scandalo, allo scoraggiamento o alla perdita personale.
La classica virtù fortezza (andreia, fortitudo) si traduce anche con "coraggio", ma include gli aspetti della perseveranza e della pazienza. Un noto proverbio dice: "tanta pazienza, forza e coraggio, ché la vita è un oltraggio". Nella tradizione occidentale, notevoli pensieri sul coraggio sono venuti dai filosofi Socrate, Platone, Aristotele, Tommaso d'Aquino e Kierkegaard, così come dalle credenze e dai testi cristiani.
Il coraggio può anche essere inteso come capacità di correre rischi per scopi nobili. In questo, il coraggio si distingue dalla temerarietà o audacia, che consistono nel correre rischi per scopi futili o meramente personali oppure per il puro piacere del rischio.
Secondo Nietzsche, "Il coraggio è la mazza migliore: il coraggio ammazza anche la pietà."[1]
Secondo Chesterton, "Il coraggio è quasi una contraddizione, implica un forte desiderio di vivere che prende la forma della prontezza a morire."[2]