Critica della ragion pura

Critica della ragion pura
Titolo originaleKritik der reinen Vernunft[1]
Frontespizio della prima edizione
AutoreImmanuel Kant
1ª ed. originale1781
Generesaggio
Sottogenerefilosofia
Lingua originaletedesco
Seguito daCritica della ragion pratica

La Critica della ragion pura (in tedesco, Kritik der reinen Vernunft) è l'opera maggiormente nota di Immanuel Kant. Pubblicata nel 1781, fu in seguito ampiamente rimaneggiata nella seconda edizione del 1787.[2]

Con quest'opera, Kant inaugura una trilogia di opere critiche (insieme alla Critica della ragion pratica del 1788 e la Critica del giudizio del 1790), in cui la parola "critica" è da intendere come l'esame delle nostre facoltà conoscitive considerate prima che gli oggetti vengano dati (a priori).[2]

L'opera inaugura un nuovo approccio al problema del rapporto tra soggetto conoscente e cosa conosciuta. Tale approccio, definito da Kant idealismo trascendentale, rinvia ad un'analisi delle facoltà conoscitive dal punto di vista della loro forma e non del loro contenuto. Esiste, secondo Kant, una forma di giudizio che, sulla scorta dei giudizi matematici (del tipo ), amplia la conoscenza (è cioè sintetico), ma è universale e necessario al modo dei giudizi analitici, con ciò superando il vincolo all'esperienza dei giudizi a posteriori e la natura tautologica dei giudizi analitici.[2]

L'approccio "critico" rinvia ad una definizione dei limiti della metafisica e ad un'inedita distinzione tra intelletto (Verstand) e ragione (Vernunft). Principi dell'attività intellettuale (o uso della ragione in senso lato) sono i concetti puri dell'intelletto (o categorie), ricavati dai giudizi formulati intorno alle intuizioni sensibili. Le categorie kantiane sono intese come funzioni logiche che operano l'unificazione del molteplice sensibile. Vertice di questi atti unificatori dell'intelletto è ciò che Kant chiama Io penso.[2]

La conoscenza sensibile è relativa esclusivamente a fenomeni (apparenze): l'accesso alla cosa in sé (che Kant chiama noumeno) all'intelletto è preclusa. Gli oggetti della metafisica (anima, mondo e Dio) restano al di fuori di qualsiasi esperienza: alla metafisica, dunque, non può essere attribuito lo statuto di scienza. L'uso della ragione (in senso stretto) riguarda appunto queste sue tre idee (anima, mondo e Dio), che hanno però solo funzione regolativa. Nella parte dedicata alla dialettica trascendentale, Kant studia il continuo oscillare del pensiero tra opposti. La psicologia razionale si avvita su paralogismi e la cosmologia razionale su antinomie. Le pretese prove dell'esistenza di Dio (la prova cosmologica e la prova fisico-teologica) sono ricondotte da Kant alla prova ontologica di Anselmo d'Aosta, rigettata in quanto predica, attraverso un giudizio sintetico, l'esistenza di Dio a partire dal suo puro concetto (quindi attraverso un giudizio analitico)[2], eseguendo, quindi, un "salto mortale" dalla dimensione concettuale ad una ontologica.

L'opera è così suddivisa:

La Dottrina trascendentale degli elementi è la porzione più grande dell'opera e, in genere, la più citata.

La prima edizione è tradizionalmente indicata come A, mentre la seconda come B. Una tipica citazione dall'opera, se concerne una porzione che nella versione B è stata modificata, è del tipo A20 = B34.[3]

  1. ^ (EN) Critique of Pure Reason, in Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. URL consultato il 14 novembre 2023.
  2. ^ a b c d e Critica della ragion pura, in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
  3. ^ Burnham e Young, p. 2.

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