«Attraversarono Piazza Vittorio, sterminata nelle ombre della sera. Già parlavano di football. Emilio, naturalmente, era per la Juventus, la squadra dei gentlemen, dei pionieri dell'industria, dei gesuiti, dei benpensanti, di chi aveva fatto il liceo: dei borghesi ricchi. Giraudo, altrettanto naturalmente era per il Toro, la squadra degli operai, degli immigrati dai vicini paesi o dalle province di Cuneo e di Alessandria, di chi aveva fatto le scuole tecniche: dei piccoli-borghesi e dei poveri.»
Il derby di Torino è la stracittadina calcistica che mette di fronte le squadre di Juventus e Torino, le due principali società del capoluogo piemontese. La sfida, colloquialmente detta anche derby della Mole in riferimento alla Mole Antonelliana, simbolo architettonico di Torino, è la prima stracittadina del calcio italiano nonché il più longevo incontro tra squadre con sede nella stessa città finora disputato.[4]
Primo incontro calcistico trasmesso in diretta radiofonica in Italia,[5] la sfida mette di fronte due club con un'evoluzione storica e caratteristiche societarie molto diverse tra loro ma ciononostante con forti legami col capoluogo sabaudo,[6] avendo rappresentato fino al primo dopoguerra la contrapposizione di due classi sociali opposte. La Juventus, fondata nel 1897 da studenti di un prestigioso liceo torinese, divenne presto affine alla borghesia cittadina soprattutto dopo il duraturo legame con la famiglia Agnelli, iniziato nel 1923, periodo in cui venne sostenuta anche dall'aristocrazia del luogo. Il Torino nacque invece nel 1906 da una scissione in seno alla stessa Juventus, a opera di soci bianconeri dissidenti che unirono le forze con un'altra formazione della città, la Torinese fondata nel 1894, individuando il loro bacino di riferimento nell'allora acerbo mondo operaio. Negli anni 60 e 70 tali differenze si erano già considerevolmente attenuate, anche in conseguenza dei grandi flussi migratori verso Torino iniziati circa quarant'anni prima, senza tuttavia scomparire: la Juve perse gran parte dei suoi connotati campanilistici per divenire un fenomeno sportivo globale,[7] con un sostegno slegato da classi sociali e diffuso a carattere nazionale oltreché su scala mondiale[8] mentre, inversamente, il Toro si fece sempre più portatore di uno spirito cittadino. In ragione al citato dualismo, come riflesso dell'evoluzione socioeconomica torinese durante il Novecento, il derby è stato spesso visto come l'incontro tra le due diverse identità della città[9] nonché due modi opposti ma complementari d'interpretare lo sport.[10]
I colori sociali delle due formazioni contribuiscono anch'essi a marcare, in piccola parte, questa distinzione: i bianconeri, nati rosanero, attinsero ben presto alle casacche del Notts County giunte dall'Inghilterra,[11][12] mentre per i granata l'origine è più incerta, da un omaggio del suo fondatore Alfred Dick agli svizzeri del Servette,[13] alla tinta della "Brigata Savoia" che due secoli prima aveva liberato l'allora capitale del Ducato di Savoia.[14][15] Entrambe, come massimo sfoggio di "torinesità", mostrano o hanno mostrato all'interno dei rispettivi scudi il toro furioso preso dall'araldica cittadina: la Juventus quale vincolo con le proprie origini, mentre il Torino come icona societaria vera e propria.