Si parla di diagnostica enzimatica facendo riferimento ad enzimi che possono essere indicatori dell'attività di produzione dell'enzima o capaci di evidenziare "danni d'organi" poiché presenti in concentrazioni superiori a quelle riscontrabili di norma.[1]
Alcuni enzimi sono d'interesse diagnostico perché capaci di evidenziare danni cellulari mediante la loro anomala presenza nei liquidi biologici (urina, saliva, plasma o siero). In tale circostanza, un ruolo di rilievo è svolto dagli isoenzimi, forme multiple di un enzima che catalizzano la stessa reazione, ma differiscono nella struttura o nella composizione in subunità. In condizioni patologiche si ha una fuoriuscita e un versamento nel torrente ematico pertanto un'analisi quantitativa di questi permette di risalire all'organo coinvolto. Esempi d'isozimi comunemente usati a scopo diagnostico sono offerti dalla lattato deidrogenasi, enzima tetramerico costituito da due catene polipeptidiche, M e H, dalla cui combinazione si hanno le isoforme M4, M3H, M2H2, MH3, H4. Quest'ultima è presente nel miocardio mentre M4 è prevalentemente espressa nel muscolo scheletrico pertanto, un aumento della loro attività in circolo, può essere correlato a infarto miocardico o distrofia muscolare. Altro enzima d'impiego routinario, è la creatina chinasi dimerica costituita da due differenti catene, B e M, da cui derivano gli isozimi BB, MB, MM. È noto che MM è la creatininfosfochinasi muscolare intendendo il muscolo scheletrico ed escludendo il muscolo cardiaco, BB è l'isoforma del cervello mentre MB riflette la condizione cardiaca.[2]