Diocleziano | |
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Imperatore romano | |
Testa di Diocleziano, provenienza: Asia Minore, conservata all'Art Institute of Chicago | |
Nome originale | Gaius Aurelius Valerius Diocletianus |
Regno | 20 novembre 284 (da solo) dal 1º aprile 286 come Augusto d'Oriente con Massimiano come Augusto d'Occidente[1] – 1º maggio 305 |
Tribunicia potestas | rivestita 22 volte: la prima il 20 novembre del 284, poi il 10 dicembre del 284 e in seguito annualmente ogni 10 di dicembre fino al 304[2] |
Cognomina ex virtute | Adiabenicus nel 298 (I);[3] Armeniacus Maximus nel 298 (I);[3]Britannicus Maximus nel 297 (I);[4] Carpicus Maximus nel 296 (I)[3] e quattro iterazioni nel periodo 301-304 (V);[4]Germanicus Maximus nel 285 (I),[5] nel 286 (II), nel 287 (III), nel 288 (IV), nel 293 (V) e nel 299 (VI);[3]Gothicus Maximus nel 294 (I);[6]Medicus Maximus nel 298 (I);[3]Persicus Maximus nel 290 (I)[7] e 298 (II);[3][7] Restitutor orbis e Conservator orbis nel 286 (I) e 293 (II);[8][9] Sarmaticus Maximus nel 289 (I), 292 (II), 294 (III) e nel 299 (IV).[10] |
Titoli | Augustus (nel 284[11]), Pater Patriae (nel 284[11]), Iovius (nel 286[11]) |
Salutatio imperatoria | 21 volte: la prima il 20 novembre del 284, poi annualmente ogni 20 di novembre fino al 304[2] |
Nascita | 22 dicembre 244[12] Doclea o Salona[13] |
Morte | 313[14] Spalato, nel proprio palazzo |
Predecessore | Carino |
Successore | Costanzo Cloro e Galerio |
Coniuge | Prisca |
Figli | Galeria Valeria |
Dinastia | Tetrarchia |
Consolato | dieci volte: nel 284 (I), 285 (II), 287 (III), 290 (IV), 293 (V), 296 (VI), 299 (VII), 303 (VIII), 304 (IX) e 308 (X). |
Procuratore | Dux Moesiae (comandante militare in Mesia) |
Pontificato max | dal 284[11] |
Diocle Gaio Aurelio Valerio Diocleziano | |
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Ritratto di Diocleziano | |
Nascita | Doclea o Salona, 22 dicembre 244 |
Morte | Spalato, 313 |
Cause della morte | naturali |
Etnia | Illirico |
Religione | Religione romana |
Dati militari | |
Paese servito | Impero romano |
Forza armata | Esercito romano |
Grado | Augusto (Dominus Noster) |
Guerre | |
Campagne | |
Battaglie | Battaglia del fiume Margus |
Innovazioni | |
Comandante di | Esercito romano |
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Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, nato Diocle (in latino Gaius Aurelius Valerius Diocletianus; in greco antico: Διοκλῆς?, Dioklês; Doclea o Salona, 22 dicembre 244[12] – Spalato, 313[14]), è stato un imperatore romano che governò dal 20 novembre 284 al 1º maggio 305 con il nome imperiale di Cesare Gaio Aurelio Valerio Diocleziano Augusto Iovio (nelle epigrafi GAIVS AVRELIVS VALERIVS DIOCLETIANVS AVGVSTVS).
Nato in una famiglia di umili origini della provincia romana della Dalmazia, Diocle (questo il suo nome originario) scalò i ranghi dell'esercito romano fino a divenire comandante di cavalleria sotto l'imperatore Marco Aurelio Caro (282–283). Dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeriano nella campagna contro i Sasanidi fu acclamato imperatore dalle legioni[15] (in questa occasione mutò il proprio nome in Diocleziano) in opposizione al figlio maggiore di Caro, Marco Aurelio Carino, che era stato nominato imperatore dal padre prima della campagna e che si trovava in Occidente: i due si scontrarono nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il potere e la vita (285).
Con l'avvento di Diocleziano ebbe fine il periodo noto come crisi del III secolo, caratterizzato dal punto di vista politico da una fase di torbidi interni (anarchia militare), protrattasi per quasi un cinquantennio e che vide succedersi un elevato numero di imperatori la cui ascesa e permanenza al potere dipese esclusivamente dalla volontà dell'esercito. Per porre fine a questa instabilità, divenuta ormai pericolosa per la sopravvivenza dell'impero, mise in atto una serie di profonde riforme politiche e amministrative, tra cui risalta sotto quest'ultimo aspetto la condivisione dell'impero tra più colleghi. L'impero infatti divenne una tetrarchia della quale rimaneva capo indiscusso lo stesso Diocleziano.
A tal fine nel 285 scelse come collega in qualità di co-imperatore il commilitone Massimiano, conferendogli per l'appunto il titolo di Augusto e assegnandogli la metà occidentale dell'Impero (riservando per sé quella orientale). Il 1º marzo 293 completò l'architettura istituzionale associando ai due Augusti due Cesari (una sorta di vice-imperatori) nelle persone di Galerio e Costanzo, dando così vita alla cosiddetta «tetrarchia», il «governo dei quattro»: ciascun Augusto avrebbe governato su metà dell'impero coadiuvato dal proprio Cesare, al quale avrebbe delegato il governo di metà del proprio territorio e che gli sarebbe succeduto (come nuovo Augusto) dopo venti anni di governo, nominando a sua volta un nuovo Cesare.[16]
Separò l'amministrazione civile da quella militare rafforzandole entrambe e riorganizzò la suddivisione amministrativa dello Stato, aumentando il numero delle province a seguito del frazionamento di quelle esistenti, rivelatesi troppo estese e giudicate quindi di difficile gestione. Eresse a nuovi centri amministrativi le città di Nicomedia, Mediolanum, Sirmio e Treviri ritenendoli, a causa della loro vicinanza alle turbolente frontiere dell'impero, luoghi più idonei da cui coordinarne le difese rispetto all'antica capitale Roma. Completò l'evoluzione in senso autocratico della figura istituzionale dell'imperatore (un processo di trasformazione iniziato più marcatamente sotto i Severi e perdurato per tutto il III secolo), che sotto l'aspetto sostanziale comportò il passaggio dalla fase di governo detta del «principato» a quella del «dominato», la quale si manifestò attraverso l'elevazione dell'imperatore al di sopra delle masse attraverso l'introduzione di un cerimoniale di corte molto elaborato. Governò prescindendo dalla volontà del Senato e difatti non si recò se non una sola volta a Roma durante tutto il corso del suo impero. Il ricorso a una politica architettonica caratterizzata dalla realizzazione di imponenti opere edili (tipica del periodo tetrarchico) fece da cornice a questa evoluzione autocratica.
Per rendere le frontiere più sicure Diocleziano intraprese una serie di campagne militari vittoriose nei confronti dei Sarmati e dei Carpi tra il 285 e il 299 e contro gli Alemanni nel 288. All'interno sedò a più riprese una ribellione in Egitto nel 297 e nel 298. Sostenne inoltre il proprio Cesare Galerio nelle campagne da questi condotte contro i Sasanidi (che culminarono nel 298 con il sacco della capitale nemica, Ctesifonte), negoziando poi direttamente con i Persiani una pace vantaggiosa e duratura.
La crescita dell'apparato amministrativo conseguente alla riorganizzazione delle province, l'aumento degli effettivi dell'esercito dovuto al costante stato di guerra e alla necessità di mantenere sicuri i confini e infine l'ambizioso programma edilizio richiesero una radicale riforma del sistema di tassazione fiscale volta a garantire la copertura delle ingenti spese che la costosa politica dioclezianea comportava. Pertanto a partire dal 297 (come attestato da un'iscrizione rinvenuta in Egitto) l'imposizione fiscale venne fondamentalmente incentrata sul pagamento per individuo e per lotto di terra.[17] Tuttavia non tutte le riforme di Diocleziano ebbero gli effetti sperati e alcune di esse fallirono mentre l'imperatore era ancora al potere come l'Editto sui prezzi massimi (301), il cui scopo era di controllare l'inflazione (dovuta alla svalutazione monetaria) tramite l'introduzione di prezzi calmierati, che fu invece contro-produttivo e rapidamente inattuato.
Inoltre subito dopo la propria abdicazione Diocleziano dovette assistere impotente al crollo del sistema tetrarchico in quanto la tetrarchia, che diede l'impressione di essere un sistema di governo molto efficiente finché il suo ideatore si mantenne al potere, non di meno collassò all'indomani della sua abdicazione in conseguenza delle mire dinastiche di Massenzio e Costantino, figli rispettivamente di Massimiano e Costanzo Cloro. Infine la politica religiosa anticristiana perseguita da Diocleziano tra il 303 e il 311 con una persecuzione che risultò la più violenta che sia mai stata attuata contro i cristiani, non riuscì a debellare il cristianesimo, che anzi a partire dal 311 (l'editto di Serdica) soppiantò gradatamente il paganesimo fino a divenire religione ufficiale dell'impero nel 380 con l'editto di Tessalonica.
Malgrado questi fallimenti sulla sua opera riformatrice può essere espresso un giudizio sostanzialmente positivo, perché riuscì indubbiamente, se non ad arrestare, almeno a rallentare notevolmente il processo di decadimento cui era soggetto l'Impero romano a partire dalla morte dell'imperatore Settimio Severo e che nel corso del III secolo aveva subìto una pericolosa accelerazione. Cosicché il ventennio dioclezianeo puntellò lo Stato romano dotandolo degli strumenti di carattere istituzionale, amministrativo, finanziario e militare (perfezionati poi da Costantino) idonei a consentirgli di esistere come grande potenza almeno per gran parte del IV secolo.
Un Diocleziano indebolito da una malattia abdicò il 1º maggio 305, primo e unico imperatore a fare questa scelta volontariamente. Si ritirò nel proprio palazzo a Spalato sulla costa dalmata fino alla morte, avvenuta nella primavera del 313, rifiutando gli inviti a riprendere il potere nel caos politico che corrispose al collasso della Tetrarchia.
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