Il divisionismo è un fenomeno artistico italiano, nato alla fine dell'800, tecnicamente derivato dal neoimpressionismo e caratterizzato dalla separazione dei colori in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro in senso ottico; per tali motivi può essere definito come una variante specifica del puntinismo. Il divisionismo non può essere definito un movimento pittorico perché gli artisti che usarono questa tecnica pittorica non scrissero mai un manifesto artistico. Secondo alcuni studiosi trovò il suo esponente principale in Pellizza da Volpedo, secondo altri in Giovanni Segantini. I principi che ne codificarono le direttive furono delineati da Gaetano Previati, che ne sviluppò le linee influendo sia sul territorio ligure sia su quello lombardo[1].
I maggiori divisionisti (Segantini, Previati, Morbelli, Pellizza e Longoni) erano a contratto della galleria dei fratelli Grubicy; Vittore Grubicy de Dragon era anch'egli primario pittore divisionista e uno dei primi teorici della tecnica, e ne promosse le opere attraverso mostre ed esposizioni nazionali e parigine, attirando altri pittori dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Liguria e dalla Toscana.[2]
L'atto che sancisce la nascita del divisionismo avviene all'Esposizione Triennale di Belle Arti di Milano tenutasi nel 1891, nella Pinacoteca di Brera di Milano, con l'esposizione del quadro "Le due madri" di Giovanni Segantini[3]. Influenzò le giovani generazioni di pittori italiani fino alla stagione delle avanguardie: mossero i primi passi sotto l'astro del divisionismo pittori futuristi come Umberto Boccioni e Giacomo Balla, oppure Plinio Nomellini.