Ecate

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Ecate
Ecate, genericamente rappresentata in triplice forma:
celeste, terrestre e marina
Nome orig.Ἑκάτη
Caratteristiche immaginarie
Epiteto"Colei che detiene le chiavi del cosmo"
SessoFemmina
Professionedivinità della magia

Ecate (Ècate; alla greca Ecàte[1]; in latino Hecata, in greco antico: Ἑκάτη?, Hekátē) è una dea di origine pre-indoeuropea che fu ripreso nella mitologia greca e romana e trasportato poi nella religione greca e romana.

Ecate era la dea della magia e degli incroci ed era la potente signora dell'oscurità, regnava sui demoni malvagi, sulla notte, la luna, i fantasmi, i morti. Era invocata da chi praticava la magia e la necromanzia.

Era una delle numerose divinità adorate nell'antica Atene come protettrice dell'oikos (famiglia), insieme a Zeus, Estia, Hermes e Apollo.[2]

Negli scritti post-cristiani degli Oracoli caldaici (II-III secolo d.C.) era anche considerata con (un certo) dominio su terra, mare e cielo, nonché un ruolo più universale come Salvatrice (Soteira), Madre degli Angeli e l'Anima del Mondo Cosmico.[3]

Riguardo alla natura del suo culto, è stato rimarcato che "è più a suo agio ai margini che al centro del politeismo greco. Intrinsecamente ambivalente e polimorfa, si trova a cavallo dei confini convenzionali ed elude la definizione".[4]

La più antica rappresentazione di Ecate è stata ritrovata a Selinunte in Sicilia. Il più noto santuario dedicato a Ecate si trova a Lagina, in Turchia sudoccidentale.

  1. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Ecate", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ LABRYS | Texts, su labrys.gr. URL consultato il 19 giugno 2021.
  3. ^ A. H. Armstrong, Sarah Iles Johnston: Hekate Soteira: a Study of Hekate's roles in the Chaldean Oracles and Related Literature. (American Philological Association, American Classical Studies, 21.) Pp. viii + 192. Atlanta, Georgia: Scholars Press, 1990. $17.95 (Paper, $13.95)., in The Classical Review, vol. 41, n. 1, 1991-04, pp. 248–248, DOI:10.1017/s0009840x00278487. URL consultato il 19 giugno 2021.
  4. ^ Simon Hornblower e Antony Spawforth, The Oxford classical dictionary, Oxford ; New York : Oxford University Press, 1996, ISBN 978-0-19-866172-6. URL consultato il 19 giugno 2021.

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