Enki

Particolare con la raffigurazione del dio Enki
Enki con i fiumi Tigri e Eufrate che sgorgano dalle sue spalle. Ai suoi piedi la capra, suo animale simbolo

Enki (sumero: 𒀭𒂗𒆠 dEN.KI(G); "Signore della Terra" oppure "Signore Benevolo") è il dio mesopotamico dell'acqua, della conoscenza (gestú), dell'artigianato (gašam) e della creazione (nudimmud). Più tardi conosciuto come Ea in accadico. Insieme a suo padre An (supremo "Dio del Cielo"; El in lingua semitica) e a suo fratello Enlil ("Signore dello Spirito"; Baal in semitico), costituisce la trinità suprema celeste delle religioni della Mesopotamia e della Cananea.

Originariamente era identificato come la divinità protettrice di Eridu, la capitale religiosa dell'antica Mesopotamia. Più tardi l'influenza del suo culto si diffuse in tutta la Mesopotamia e tra gli Ittiti e gli Hurriti. Era la divinità dei mestieri (gašam), del bene, dell'acqua, del mare, dei laghi (a, aba, ab), della sapienza (gestú, letteralmente "orecchio") e della creazione (nudimmud: dim2 mud, "creare").

È associato alla fascia meridionale delle costellazioni chiamate "Stelle di Ea" o "Via di Ea", ma anche con la costellazione AŠ-IKU, il "Quadrato" (la costellazione di Pegaso),[1] mentre An è identificato con il polo nord eclittico centrato nella costellazione del Drago e con la fascia centrale delle costellazioni, ed Enlil con il polo nord celeste al centro delle costellazioni dell'Orsa Minore e dell'Orsa Maggiore nonché con la fascia settentrionale delle costellazioni. Il numero sacro di Enki è il 40.[2]

Un vasto numero di miti riguardanti Enki sono stati raccolti da molti siti di scavo, estesi dal sud dell'Iraq fino alla costa occidentale del Levante. Le sue prime apparizioni possono essere rinvenute in iscrizioni cuneiformi attraverso tutta la regione, risalenti prevalentemente a partire dal terzo millennio avanti Cristo. I suoi miti sembrano aver influenzato alcune storie bibliche e coraniche.

  1. ^ Origine delle antiche costellazioni: I. Le tradizioni mesopotamiche di J.H. Rogers
  2. ^ W. Röllig, "Götterzahlen", Reallexikon der Assyriologie, III (1957-1971), p. 500.

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