Evo Morales | |
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Evo Morales con la fascia presidenziale nel 2018 | |
65º Presidente della Bolivia | |
Durata mandato | 22 gennaio 2006 – 10 novembre 2019[1] |
Vice presidente | Álvaro García Linera |
Predecessore | Eduardo Rodríguez |
Successore | Jeanine Áñez |
Leader del Movimento per il Socialismo | |
In carica | |
Inizio mandato | 1º gennaio 1998 |
Predecessore | carica istituita |
Dati generali | |
Partito politico | Movimento per il Socialismo |
Firma |
Juan Evo Morales Ayma, conosciuto meglio come Evo Morales (Orinoca, 26 ottobre 1959), è un sindacalista e politico boliviano.
È stato presidente della Bolivia per tre mandati consecutivi dal 22 gennaio 2006. Il 10 novembre 2019, ha rassegnato le dimissioni dalla carica di presidente in seguito alle proteste e alla pressione sociale che denunciavano brogli elettorali durante le elezioni generali del 20 ottobre, e dietro le pressioni dell'esercito e della polizia che, da diversi Stati e organizzazioni, è stato catalogato come colpo di Stato.[2][3][4] In precedenza, l'OSA aveva confermato irregolarità nelle elezioni e ne aveva chiesto la ripetizione. Alcuni esperti del MIT hanno invece segnalato l'assenza di irregolarità nelle elezioni.[4]
È stato il primo presidente indigeno a guidare lo Stato boliviano, o altri di quest'area geografica,[5] in oltre 500 anni dalla conquista spagnola, ed è quindi soprannominato anche el Indio. Questo avvenimento ha suscitato grande interesse e aspettative - a cui ha contribuito anche l'abbigliamento informale negli incontri diplomatici con altri capi di Stato, con il suo caratteristico maglione di alpaca a righe (la chompa), indossato in Bolivia e nel mondo.
Morales è stato il leader del movimento sindacale dei cocalero boliviani, una federazione di colonizzatori campesinos, quechua e aymara coltivatori di coca che si oppongono agli sforzi, principalmente degli Stati Uniti, di sradicare le coltivazioni di coca nella provincia di Chapare, nella Bolivia centro-orientale. Morales è stato anche il fondatore e leader del partito politico boliviano Movimiento al Socialismo (MAS), il principale partito di governo.
Alle elezioni presidenziali del 2002 Morales ottenne circa il 20% dei voti, subito dietro a Gonzalo Sánchez de Lozada che divenne Presidente. Ciò nonostante questo risultato elettorale ebbe un forte impatto nel panorama politico boliviano. Morales attribuì buona parte di quel successo elettorale alle dichiarazioni fatte contro di lui dall'allora ambasciatore statunitense in Bolivia Manuel Rocha, affermando che aiutarono a «svegliare la coscienza della gente». Alle successive elezioni presidenziali del 2005, Morales e il suo partito ottennero la maggioranza assoluta dei voti (circa il 54%), che lo portò all'elezione diretta come Presidente della Repubblica, incarico ricoperto fino alle dimissioni il 10 novembre 2019.
Il 25 gennaio 2009 il popolo boliviano è tornato al voto per decidere se rifiutare o confermare la riforma costituzionale del Presidente Morales e il 67% di esso ha approvato. Il 6 dicembre del 2009 il popolo boliviano ha votato Evo Morales con il 64% di voti alle consultazioni presidenziali, permettendo inoltre al suo partito, il MAS, di far eleggere 85 dei 130 deputati e 24 dei 36 senatori.
Nell'ottobre 2014 Morales viene eletto per il terzo mandato con il 63% delle preferenze[6], mantenendo un distacco considerevole sugli altri candidati, ma registrando un lieve calo di apprezzamento rispetto alle precedenti elezioni. Il 22 febbraio 2016 Evo Morales, perde, con il 51% di voti contrari, il referendum che gli avrebbe permesso di essere nuovamente eletto per un quarto mandato, ma una decisione del Tribunale supremo elettorale ribalta questo esito, stabilendo che è un "diritto umano" di Morales ricandidarsi.
Morales vince le elezioni del 20 ottobre 2019, ma in seguito all'accusa di presunti brogli elettorali è costretto all'esilio. L'11 novembre ha accettato l'asilo politico offerto da Andrés Manuel López Obrador, presidente del Messico.[7] Il 12 dicembre si è trasferito in Argentina come rifugiato, accompagnato dall'ex vicepresidente Álvaro García Linera e da altri ex ministri.[8] Il 9 novembre 2020 rientra in Bolivia dall'esilio.[9]
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