La fantapolitica è un filone narrativo che si concentra nel descrivere un sistema politico o una situazione politica ipotetici, ambientati spesso in un futuro prossimo o in un presente ucronico. Gli scrittori hanno frequentemente utilizzato la forma romanzata per commentare eventi, sistemi o teorie politiche, criticando direttamente la società del loro tempo o mettendo in scena una realtà alternativa, a volte fantastica.[1]
Il termine italiano è una parola macedonia tra fantasia (o fantastico) e politica, con significato di "politica fantastica", analogamente alla parola fantascienza. Il termine e il relativo genere hanno avuto una notevole diffusione a partire dai primi anni sessanta.[2] In ambito anglosassone è usata l'espressione political fiction.
La fantapolitica, nelle opere odierne di narrativa e cinema, è spesso assimilata a un sottogenere della fantascienza. Tali opere possono utilizzare riferimenti a un'ipotetica società del futuro o a fatti accaduti e persone esistenti, o descrivere l'evoluzione futura di una situazione politica presente.[3] Non mancano tuttavia esempi, anche classici, di romanzi fantapolitici ambientati in un mondo immaginario, in cui si fa ampio ricorso all'allegoria o si attribuiscono a personaggi o popoli evidentemente inventati vizi e difetti che l'autore intende "mettere alla berlina", in genere a scopo satirico o moraleggiante.
Il filone fantapolitico si incrocia con quello dell'utopia quando descrive situazioni sociali e politiche idealisticamente desiderabili, e della distopia quando indesiderabili. Quando le vicende sono ambientate in un ipotetico passato, "alternativo" a quello conosciuto dalla storia, si parla di ucronìa.
Nell'Ottocento vi sono numerose opere che rientrano nei filoni della "letteratura d'invasione" e della "guerra futura", a partire dal romanzo La battaglia di Dorking (The Battle of Dorking) del 1871 di George Tomkyns Chesney, la storia di un'invasione che pone fine all'Impero britannico.
Tra le opere fantapolitiche di rilievo vi sono le distopie antitotalitarie della prima metà del Novecento, tra cui Il tallone di ferro (The Iron Heel, 1908) di Jack London, Qui non è possibile (It Can't Happen Here, 1935) di Sinclair Lewis e 1984 di George Orwell del 1948. Di uguale, se non maggiore, influenza, tuttavia vi erano già classici quali I viaggi di Gulliver (1726), Candido (1759) e La capanna dello zio Tom (1852).
In tempi più recenti, non va dimenticato il romanzo di Philip K. Dick La svastica sul sole, scritto nel 1961 e vincitore del Premio Hugo, in cui si immagina che Hitler abbia vinto la seconda guerra mondiale e gli Stati Uniti d'America siano divisi in due parti, l'una asservita ai giapponesi, l'altra ai nazisti. E neppure l'opera dello scrittore statunitense Cyril M. Kornbluth, vincitore del Premio Prometheus (Hall of Fame) nel 1986, che nel 1953 pubblicò Non è ver che sia la Mafia (The Syndic), nel quale immagina che negli Stati Uniti governati dalla Mafia tutti possano vivere un'esistenza pacifica e felice e che tutto funzioni benissimo, senza burocrazia, tasse e polizia.
Molte opere di fantapolitica letteraria e cinematografica della seconda metà del Novecento hanno invece per tema una terza guerra mondiale (come viene scatenata, oppure evitata, cosa succede subito dopo);[4] tra queste il film Il dottor Stranamore, un film del 1964 prodotto e diretto da Stanley Kubrick, liberamente tratto dal romanzo Red Alert (1958) di Peter George.
Per estensione, nel linguaggio comune e mediatico, si usa il termine fantapolitica nel senso dispregiativo di "politica non realistica", per stigmatizzare un'ipotesi, una teoria o uno scenario politico che si ritiene irrealistico o utopico, illusorio o comunque frutto di un'interpretazione non rigorosa dei fatti.