Fronte italiano parte della prima guerra mondiale | |
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Dall'alto a sinistra: soldati austro-ungarici appostati sulla vetta dell'Ortles, autunno 1917; l'obice Škoda 30,5 cm Vz. 1911 che distrusse Forte Verena e Forte Campolongo, giugno 1915-maggio 1916; soldati italiani sul Monte Paterno, 1915 circa; soldati italiani in trincea sul Carso intenti a lanciare una granata, 1917 circa; aerei tedeschi scaricati da un treno nella stazione di Dobbiaco, 1915 | |
Data | 24 maggio 1915 - 4 novembre 1918 |
Luogo | Alpi e Prealpi italiane orientali, pianura veneto-friulana |
Esito | Vittoria italiana |
Modifiche territoriali | Dissoluzione dell'Impero austro-ungarico Annessione all'Italia della Venezia Giulia, del Trentino-Alto Adige e di Zara |
Schieramenti | |
Comandanti | |
Effettivi | |
Perdite | |
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Il fronte italiano comprende l'insieme delle operazioni belliche combattute durante la prima guerra mondiale tra il Regno d'Italia e i suoi Alleati contro le armate di Austria-Ungheria e Germania nel settore delimitato dal confine con la Svizzera e dalle rive settentrionali del golfo di Venezia. Il conflitto è conosciuto in Italia anche con il nome di "guerra italo-austriaca"[7], o "quarta guerra d'indipendenza"[8]. In tedesco è chiamato Italienfront ("fronte italiano"), Südwestfront ("fronte sud-occidentale")[9] o Gebirgskrieg ("Guerra di montagna").
Dopo aver stipulato un patto di alleanza con le potenze della Triplice intesa e aver abbandonato lo schieramento della Triplice alleanza, l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, iniziando le operazioni belliche il giorno dopo: il fronte di contatto tra i due eserciti si snodò nell'Italia nord-orientale, lungo le frontiere alpine e la regione del Carso. Nella prima fase del confronto le forze italiane, guidate dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Luigi Cadorna, lanciarono una serie di massicce offensive frontali contro le difese austro-ungariche nella regione del fiume Isonzo, tenute dall'armata del generale Svetozar Borojević von Bojna, mentre operazioni di minor portata prendevano vita sui rilievi alpini e in particolare nella zona delle Dolomiti.
Il conflitto si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea, simile a quella che si stava combattendo sul fronte occidentale: la lunga serie di battaglie sull'Isonzo non portò agli italiani che piccoli guadagni territoriali al prezzo di forti perdite tra le truppe, ben presto spossate e demoralizzate dall'andamento delle operazioni. Le forze austro-ungariche si limitarono a difendersi lanciando modesti contrattacchi, fatta eccezione per la massiccia offensiva sull'Altopiano di Asiago nel maggio-giugno 1916, bloccata dagli italiani, che contrattaccarono anche sul fronte isontino conquistando Gorizia in una sanguinosa battaglia.
La situazione subì un brusco cambiamento nell'ottobre 1917, quando l'offensiva degli austro-tedeschi nella zona di Caporetto portò a uno sfondamento delle difese italiane e a un repentino crollo di tutto il fronte: il Regio Esercito fu costretto a una lunga ritirata, lasciando in mano al nemico il Friuli e il Veneto settentrionale oltre a centinaia di migliaia di prigionieri. Le forze italiane riuscirono però a consolidare un nuovo fronte lungo il Piave, bloccando l'offensiva degli Imperi centrali. Passate alla guida del generale Armando Diaz e rinforzate da truppe francesi, britanniche e statunitensi, dopo aver respinto un nuovo tentativo degli austro-ungarici di forzare la linea del Piave nel giugno 1918, le forze italiane e degli alleati passarono alla controffensiva alla fine dell'ottobre 1918: nel corso della cosiddetta battaglia di Vittorio Veneto le forze austro-ungariche furono messe in rotta, sfaldandosi nel corso della ritirata.
Il 3 novembre l'Impero austro-ungarico siglò l'armistizio di Villa Giusti che, entrato in vigore il 4 novembre, segnò la conclusione delle ostilità.
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