Giovanni Giolitti | |
---|---|
Giovanni Giolitti nel 1905 | |
Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 15 maggio 1892 – 15 dicembre 1893 |
Monarca | Umberto I |
Predecessore | Antonio di Rudinì |
Successore | Francesco Crispi |
Durata mandato | 3 novembre 1903 – 12 marzo 1905 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Predecessore | Giuseppe Zanardelli |
Successore | Tommaso Tittoni |
Durata mandato | 29 maggio 1906 – 11 dicembre 1909 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Predecessore | Sidney Sonnino |
Successore | Sidney Sonnino |
Durata mandato | 30 marzo 1911 – 21 marzo 1914 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Predecessore | Luigi Luzzatti |
Successore | Antonio Salandra |
Durata mandato | 15 giugno 1920 – 4 luglio 1921 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Predecessore | Francesco Saverio Nitti |
Successore | Ivanoe Bonomi |
Ministro dell'interno | |
Durata mandato | 15 maggio 1892 – 15 dicembre 1893 |
Monarca | Umberto I |
Capo del governo | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Giovanni Nicotera |
Successore | Francesco Crispi |
Durata mandato | 15 febbraio 1901 – 21 giugno 1903 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Capo del governo | Giuseppe Zanardelli |
Predecessore | Giuseppe Saracco |
Successore | Giuseppe Zanardelli |
Durata mandato | 3 novembre 1903 – 12 marzo 1905 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Capo del governo | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Giuseppe Zanardelli |
Successore | Tommaso Tittoni |
Durata mandato | 29 maggio 1906 – 11 dicembre 1909 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Capo del governo | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Sidney Sonnino |
Successore | Sidney Sonnino |
Durata mandato | 30 marzo 1911 – 21 marzo 1914 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Capo del governo | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Luigi Luzzatti |
Successore | Antonio Salandra |
Durata mandato | 15 giugno 1920 – 4 luglio 1921 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Capo del governo | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Francesco Saverio Nitti |
Successore | Ivanoe Bonomi |
Ministro del tesoro | |
Durata mandato | 9 marzo 1889 – 10 dicembre 1890 |
Monarca | Umberto I |
Capo del governo | Francesco Crispi |
Predecessore | Costantino Perazzi |
Successore | Bernardino Grimaldi |
Ministro delle finanze (ad interim) | |
Durata mandato | 14 settembre 1890 – 10 dicembre 1890 |
Capo del governo | Francesco Crispi |
Predecessore | Federico Seismit-Doda |
Successore | Bernardino Grimaldi |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XV, XVI, XVII, XVIII, XIX, XX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXVII del Regno d'Italia |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Sinistra storica (fino al 1913) Unione Liberale (1913-1922) Partito Liberale Italiano (1922-1926) |
Titolo di studio | Laurea in giurisprudenza |
Università | Università degli Studi di Torino |
Professione | Funzionario di pubblica amministrazione (Ministero di Grazia e Giustizia), magistrato |
Firma |
Giovanni Giolitti (Mondovì, 27 ottobre 1842 – Cavour, 17 luglio 1928) è stato un politico italiano, cinque volte presidente del Consiglio dei ministri, il secondo più longevo nella storia italiana dopo Benito Mussolini. Fu un importante esponente prima della sinistra storica e poi dell'Unione Liberale. Considerato uno dei politici più potenti e importanti della storia italiana, Giolitti fu accusato dai suoi molti critici di essere un uomo di governo autoritario e un dittatore parlamentare[1].
Giolitti era un maestro nell'arte politica del trasformismo, il metodo per creare una coalizione di governo flessibile e centrista che isolasse l'estrema sinistra e l'estrema destra nella politica italiana dopo l'unificazione. Sotto la sua influenza, i liberali italiani non si svilupparono come un partito strutturato: erano, invece, una serie di raggruppamenti personali informali senza legami formali con i collegi elettorali politici[2]. Il periodo compreso tra l'inizio del XX secolo e lo scoppio della prima guerra mondiale, quando fu presidente del Consiglio e/o Ministro dell'interno dal 1901 al 1914, salvo brevi interruzioni, viene definito "età giolittiana"[3][4]. Fu anche riferimento della fazione neutralista durante la neutralità e, dopo l'intervento, rimase in disparte fino alla fine del conflitto. Tornato al Governo nel 1920, pose termine all'Impresa di Fiume, ma non riuscì più a dominare le nuove turbolenze sociali e politiche createsi nel primo dopoguerra. Nel novembre 1922 votò la fiducia al Governo Mussolini, ma dal 1924 si tenne all'opposizione del fascismo.
Un liberale centrista, con forti preoccupazioni etiche[5], i periodi in carica di Giolitti furono notevoli per l'approvazione di una vasta gamma di riforme sociali a favore delle classi popolari, che migliorarono il tenore di vita degli italiani comuni, insieme all'adozione di diverse politiche di governo interventiste[6]; Giolitti, oltre a introdurre diversi dazi, sussidi e progetti governativi, nazionalizzò anche gli operatori telefonici e ferroviari privati, per cui fu aspramente criticato dai sostenitori liberali del libero scambio, che lo bollavano sprezzantemente come "sistema giolittiano"[7]. Fu anche un periodo di grande espansione dell'economia nazionale, quando nacque la grande industria, e avvenne il primo "miracolo economico italiano".
L'obiettivo principale della politica giolittiana fu governare con prudenza dal centro, con fluttuazioni leggere e ben controllate tra conservatorismo e progressismo, cercando di preservare le istituzioni e l'ordine sociale esistente e isolando le spinte estreme, sia reazionarie sia rivoluzionarie. I critici di destra lo consideravano un socialista - Luigi Albertini, sul Corriere della Sera, lo definì «il bolscevico dell'Annunziata»[8] - per il corteggiamento dei voti socialisti in Parlamento in cambio di favori politici; mentre i critici di sinistra, come Gaetano Salvemini, lo accusavano di essere un politico corrotto, anzi «Il ministro della mala vita», per l'uso disinvolto con cui guidava le consultazioni elettorali, specie nei collegi del Mezzogiorno, dove per vincere le elezioni sfruttava il sostegno di gruppi criminali[9]. Tuttavia, ancor oggi la sua eredità altamente complessa continua a stimolare un intenso dibattito tra scrittori e storici[10].