Giuseppe Vella (Malta, 1749 – Mezzomonreale, maggio 1814[1]) è stato un monaco cristiano e falsario italiano, noto per la sua fabbricazione di un «falso straordinario» su presunte fonti primarie del dominio islamico in Sicilia che diceva di aver rinvenuto.
L'attività di falsario gli guadagnò comunque, nel 1785, la prima cattedra di lingua araba dell'Accademia degli studi di Palermo. La vicenda dei falsi, «minsogna saracina» nelle parole del poeta Giovanni Meli, «arabica impostura» nella definizione di altri studiosi (come Domenico Scinà)[2], ebbe grande risonanza in tutta Europa, e fece nascere una diatriba erudita che si connotò per importanti implicazioni politiche[2]. Come osserva Giuseppe Giarrizzo, la sua opera falsificatrice, con le sue ricadute politiche, rimane «un documento capitale delle idee correnti allora nella cultura siciliana sulla storia dell'isola, sulla genesi del suo diritto pubblico, sul significato storico politico di istituti ed uffici; e come tale merita di essere letta e studiata»[3].
La vicenda di Vella, infine, ha ispirato poeti come Giovanni Meli, romanzieri come Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri, e perfino registi cinematografici. Ebbe comunque una ricaduta positiva, riuscendo a stimolare in Sicilia gli studi di orientalistica, fino ad allora del tutto negletti nell'isola,[4] poi elevati al massimo livello scientifico dal palermitano Michele Amari.