«Jus naturale est libertas, quam habet unusquisque potentia sua ad naturae suae conservationem suo arbitrio utendi, et per consequens illa omnia, quae eo videbuntur tender, faciendi.[7]»
«Il diritto di natura, che gli scrittori chiamano comunemente jus naturale, è la libertà che ciascuno ha di usare il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione della sua natura, cioè della sua vita e conseguentemente di fare qualsiasi cosa che, secondo il suo giudizio e la sua ragione, egli concepisca come il mezzo più idoneo a questo fine.[8]»
Il giusnaturalismo è una corrente filosofico-giuridica che presuppone l'esistenza di una norma di condotta intersoggettiva, universalmente valida e immutabile, fondata su una peculiare idea di natura[9], e per questo detta legge di natura o diritto naturale[10] (in latino ius naturale, «diritto di natura»[11]). Tale legge di natura, preesistente a ogni forma storicamente assunta di diritto positivo[12][13][14], è ritenuta dai giusnaturalisti in grado di realizzare il miglior ordinamento possibile della società umana[15], servendo «in via principale per decidere le controversie fra gli Stati e fra il governo e il suo popolo».[16]
Secondo la dottrina giusnaturalistica, il diritto positivo non si adegua mai completamente alla legge naturale, perché esso contiene elementi variabili e accidentali, mutevoli in ogni luogo e in ogni tempo: i diritti positivi sono realizzazioni imperfette e approssimative della norma naturale e perfetta[15], la quale, da quanto risulta dal manuale settecentesco di Gottfried Achenwall, intitolato Jus naturae in usum auditorum[17], può servire «in via sussidiaria per colmare le lacune del diritto positivo».[16] I temi affrontati dai teorici della dottrina del diritto naturale attengono al diritto, perché pongono in discussione la validità delle leggi, alla morale, in quanto riguardano l'intima coscienza dell'uomo, e, prevedendo limiti al potere dello Stato, alla politica.[18]
Sebbene il termine "giusnaturalismo" sia usato in particolare per riferirsi al pensiero seicentesco di Althusius e Grozio, poi sviluppato da Hobbes, Pufendorf e Thomasius, e confluito nel contrattualismo di Locke e Rousseau, e nel razionalismo di Kant, esso non rinvia ad una singola dottrina, ma a numerose dottrine, talvolta anche contrastanti, che però condividono la credenza nell'esistenza di una legge di natura (sia la natura intesa come creazione divina, come cosmo o come natura razionale dell'uomo), superiore al diritto positivo e ricavabile dalla conoscenza.[19]