Governo Prodi II | |
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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fotografato assieme al presidente Prodi e una parte del Consiglio dei ministri, 17 maggio 2006 | |
Stato | Italia |
Presidente del Consiglio | Romano Prodi (Indipendente, PD) |
Coalizione | DS-DL/PD, PRC, RnP (SDI-RI), PdCI, IdV, FdV, UDEUR, SI, DCU, LAL, SD, LD, MRE con l'appoggio esterno di PDM, IdM, CU, RD, UD, SVP, ALD, AISA, MPC, SC |
Legislatura | XV Legislatura |
Giuramento | 17 maggio 2006 |
Dimissioni | 24 gennaio 2008 |
Governo successivo | Berlusconi IV 8 maggio 2008 |
Il governo Prodi II è stato il cinquantanovesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo e unico della XV legislatura.
Il governo rimase in carica dal 17 maggio 2006[1][2] all'8 maggio 2008[3] per un totale di 722 giorni, ovvero 1 anno, 11 mesi e 21 giorni. Ottenne la fiducia al Senato della Repubblica il 19 maggio 2006 con 165 voti favorevoli e 155 contrari[4]. Ottenne la fiducia alla Camera dei deputati il 23 maggio 2006 con 344 voti favorevoli e 268 contrari[5].
Fu il primo governo repubblicano a vedere la partecipazione diretta dei partiti Rifondazione Comunista e Radicali Italiani, divenendo così l'unico governo della cosiddetta Seconda Repubblica sostenuto dall'intera sinistra parlamentare (cosa che non accadeva più dal governo De Gasperi III).
Guidato da Romano Prodi e definito con le ultime nomine il 9 giugno 2006, contava al suo interno, oltre al presidente del Consiglio, 26 ministri, 10 viceministri e 66 sottosegretari, per un totale di 103 membri[6] (contro i 24 ministri, 9 viceministri, 63 sottosegretari, oltre al Presidente del consiglio, per un totale di 97 membri, del governo Berlusconi III precedente). Per queste dimensioni superò il Governo Andreotti VII, che era composto da 100 membri.
Tra i membri del governo c'erano sei donne, come già recentemente, nei governi D'Alema I e II. Scelsero di non entrare personalmente nell'esecutivo i Comunisti Italiani, che preferirono contribuire a indicare personalità indipendenti e considerate di alto profilo, capaci di rappresentare in maniera più estesa la coalizione.
Fu sfiduciato al Senato della Repubblica il 24 gennaio 2008 con 156 voti favorevoli, 161 contrari e 1 astenuto.[7] Rassegnò perciò le dimissioni il giorno stesso portando il Paese, dopo una serie di consultazioni, a nuove elezioni.[8]