Guerra del Pacifico parte della seconda guerra mondiale | |
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Dall'alto in basso e da sinistra a destra: soldati statunitensi durante i combattimenti a Luzon (Filippine) agli inizi del 1945; un caccia Zero in fase di decollo da una portaerei; corazzata americana durante un'azione; prigionieri britannici dopo la disfatta di Singapore; il fungo atomico di Nagasaki. | |
Data | 7 dicembre 1941 - 2 settembre 1945 |
Luogo | Sud-est asiatico, Oceano Pacifico, Oceano Indiano, Cina orientale |
Casus belli | Attacco di Pearl Harbor |
Esito | Vittoria alleata
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Schieramenti | |
Comandanti | |
Effettivi | |
Perdite | |
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La guerra del Pacifico (太平洋戦争? lett. Taiheiyō Sensō), conosciuta in Giappone come grande guerra dell'Asia orientale (大東亜戦争? lett. Dai Tō-A Sensō), è parte integrante della seconda guerra mondiale ed è stata combattuta tra l'Impero giapponese (una delle potenze dell'Asse) e gli Alleati, principalmente gli Stati Uniti d'America e l'Impero britannico.
Negli anni venti e trenta il Giappone visse una progressiva militarizzazione e sviluppò un'ideologia imperialista panasiatica, sfociate nella creazione del Manciukuò (1931) e nel brutale assalto alla Cina (1937): queste azioni provocarono forti tensioni con le potenze europee che detenevano possedimenti in Asia e anche con gli Stati Uniti, preoccupati per l'integrità della Cina. La crisi diplomatica tra occidentali e Giappone si acuì a seguito dei successi politico-militari della Germania nazista tra 1939 e 1940, che convinsero Tokyo a stringere con i tedeschi e l'Italia un patto tripartito e ad assorbire lentamente l'Indocina francese. Colpito da un severo embargo petrolifero nell'estate 1941, l'Impero giapponese perfezionò i piani di conquista integrale dell'Asia orientale per avere accesso alle risorse utili alla propria macchina militare e all'obiettivo ultimo di vincere la guerra in Cina. L'attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941 segnò l'inizio della fulminea espansione nipponica nel Pacifico e nelle isole del Sud-est asiatico, con l'appoggio della Thailandia e di vari movimenti indigeni nazionalisti, culminata nella nascita di una "Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale".
Il Giappone subì ciononostante importanti sconfitte nel Mar dei Coralli (maggio 1942), a Midway (giugno) e, soprattutto, nella sfibrante campagna di Guadalcanal (agosto 1942 - febbraio 1943). Con l'evacuazione di Guadalcanal l'iniziativa passò saldamente in mano agli Stati Uniti e agli Alleati, che avviarono una serie di grandiose campagne aeronavali per liberare o neutralizzare la Nuova Guinea, le Filippine e le migliaia di isole della Micronesia. Incapaci di far fronte alla massiccia produzione industriale avversaria e di capitalizzare l'entusiasmo dei movimenti indipendentisti-nazionalisti delle colonie occupate, i giapponesi opposero una resistenza ostinata e fanatica ben esemplificata dai kamikaze, ma in ultimo inutile. Particolarmente letali si rivelarono i bombardamenti strategici sulle isole metropolitane che, assieme alla guerra sottomarina indiscriminata, ebbero un peso decisivo nella disfatta dell'Impero nipponico, suggellata dagli attacchi atomici su Hiroshima e Nagasaki (agosto 1945) e dalla travolgente offensiva sovietica sul continente. Dinanzi a questi avvenimenti l'imperatore Hirohito e la dirigenza politico-militare optarono infine per la resa. Fu ufficializzata il 2 settembre nel corso di una cerimonia a bordo della nave da battaglia USS Missouri e segnò la fine della seconda guerra mondiale.
Il Giappone fu riportato ai confini del 1894, rinunciò a tutte le colonie e fu trasformato in una monarchia costituzionale; tuttavia, al processo di Tokyo non comparvero tra gli imputati né Hirohito né la famiglia imperiale. La guerra catalizzò il processo di decolonizzazione, pur spesso a prezzo di altre sofferenze, e generò situazioni particolarmente delicate in Vietnam e nella penisola di Corea, ciascuno diviso in due metà seguendo le zone d'occupazione raggiunte dai belligeranti.