Guerra fredda

Guerra fredda
Da sinistra a destra, dall'alto al basso: Porta di Brandeburgo dietro il Muro di Berlino, Checkpoint Charlie, Primavera di Praga, crisi dei missili di Cuba, proteste alla Porta di Brandeburgo, George H. W. Bush e Michail Gorbačëv che firmano gli accordi di limitazione delle armi chimiche.
Data5 marzo 1946 – 25 dicembre 1991[1]
(44 anni e 288 giorni)
LuogoEuropa, Africa, Asia e America Latina
CausaRiorganizzazione del potere mondiale dopo la seconda guerra mondiale
EsitoVittoria de facto degli Stati Uniti. Dissoluzione dell'Unione Sovietica, scioglimento del blocco orientale e fine della sfera di influenza dell'URSS. Riunificazione della Germania
Schieramenti
Stati Uniti (bandiera) Stati Uniti
NATO (bandiera) NATO
e Stati geopoliticamente vicini al Blocco occidentale
Unione Sovietica (bandiera) Unione Sovietica
Patto di Varsavia
e Stati geopoliticamente vicini al Blocco orientale
Comandanti
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La guerra fredda fu un periodo di tensione geopolitica tra gli Stati Uniti e il blocco occidentale da una parte e l'Unione Sovietica e il cosiddetto blocco orientale dall'altra, iniziato con il peggioramento delle relazioni fra gli alleati occidentali e l'Unione Sovietica, avvenuto nell'immediato periodo post bellico, e terminato con la caduta del Muro di Berlino (1989) e con la conseguente Dissoluzione dell'Unione Sovietica (1991). Viene utilizzato l'aggettivo "fredda" poiché non vi furono combattimenti diretti su larga scala, sebbene si fossero verificati conflitti indiretti regionali, tuttavia il conflitto si basò soprattutto sulla lotta ideologica e geopolitica per l'influenza globale delle due superpotenze. A parte lo sviluppo di un arsenale nucleare e il dispiegamento militare convenzionale, la lotta per il dominio fu espressa attraverso mezzi indiretti, come la guerra psicologica, le campagne di propaganda, lo spionaggio, gli embarghi di vasta portata, la rivalità negli eventi sportivi e la competizione tecnologica come la corsa allo spazio. Il blocco occidentale era guidato dagli Stati Uniti e da altre nazioni del Primo Mondo generalmente democrazie liberali, ma anche legate a una rete di stati spesso autoritari del Terzo Mondo, la maggior parte dei quali erano ex colonie delle potenze europee. Il blocco orientale era guidato dall'Unione Sovietica e dal suo Partito Comunista, con forte influenza in tutto il Secondo Mondo. L'URSS seguiva l'ideologia marxista-leninista, adottava il socialismo reale, e aveva un'economia pianificata e un regime monopartitico autoritario.

La prima fase della guerra fredda iniziò poco dopo la fine della seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti e i loro alleati dell'Europa occidentale cercarono di rafforzare i legami reciproci e ricorsero alla politica di contenimento contro l'influenza sovietica. Ciò avvenne soprattutto attraverso la formazione nel 1949 della NATO, essenzialmente un accordo difensivo, a cui l'URSS replicò con il Patto di Varsavia nel 1955. Le principali crisi di questo primo ventennio comprendono il blocco di Berlino, la rivoluzione comunista cinese, la guerra di Corea, la rivoluzione ungherese del 1956, la crisi di Suez, la crisi di Berlino del 1961 e, soprattutto la crisi dei missili di Cuba in cui ci si trovò molto vicini al conflitto nucleare. Dopo la crisi cubana iniziò una nuova fase. Nel 1968 l'URSS invase la Cecoslovacchia per fermare la Primavera di Praga, mentre gli Stati Uniti dovettero far fronte a forti contestazioni interne per il loro coinvolgimento nella guerra del Vietnam. L'affermarsi di un movimento pacifista a livello globale e la paura di una guerra nucleare spinse, a partire dagli anni 1970, entrambe le parti a intraprendere un processo di "distensione". Un certo numero di governi marxisti-leninisti autoproclamati si formarono nella seconda metà degli anni 1970 nei paesi in via di sviluppo.

La distensione finì con l'invasione sovietica dell'Afghanistan del 1979. Gli anni successivi furono contraddistinti da un contesto di elevata tensione con gli Stati Uniti di Ronald Reagan che aumentarono le pressioni diplomatiche, militari ed economiche sull'Unione Sovietica, in un momento in cui essa soffriva di stagnazione economica. A partire dalla metà degli anni 1980, il nuovo leader sovietico Michail Gorbačëv introdusse le riforme liberali note come glasnost ("trasparenza") e perestrojka ("riorganizzazione"). Contestualmente, nei paesi satelliti dell'Europa orientale si fecero sempre più forti le istanze per affermare le loro sovranità nazionali e cambiamenti di regime in senso democratico, Gorbačëv scelse di smettere di sostenere militarmente i governi comunisti allineati. Nel 1989 la caduta della cortina di ferro successiva al picnic paneuropeo e un'ondata di rivoluzioni pacifiche (con l'eccezione della Romania) portò al rovesciamento di quasi tutti i regimi marxisti-leninisti del blocco orientale. Tutto ciò portò alla dissoluzione formale dell'Unione Sovietica nel dicembre 1991 e al crollo dei governi comunisti in gran parte dell'Africa e dell'Asia. La Federazione Russa divenne lo stato successore dell'Unione Sovietica, mentre tutte le altre repubbliche emersero come stati post-sovietici completamente indipendenti. Gli Stati Uniti rimasero l'unica superpotenza mondiale.

La guerra fredda e i suoi eventi hanno lasciato un'eredità significativa, venendo spesso citati nella cultura popolare, in particolare con temi di spionaggio e minaccia di guerra nucleare, mentre la storiografia si è ampiamente occupata di studiarne le cause, le responsabilità e le conseguenze. Secondo alcune interpretazioni storiografiche, anche i cosiddetti paesi non allineati, specie quelli a regime repubblicano-democratico e quelli socialisti-comunisti, risentirono, direttamente e indirettamente, della vicenda con strascichi geopolitici, tensioni commerciali, colpi di stato, golpi militari, guerre civili e guerre di rivendicazioni con nazioni confinanti in numerosi stati di Asia, Africa e Sudamerica.

  1. ^ Discorso di Churchill sulla Cortina di ferro e dissoluzione dell'Unione Sovietica.

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