Secondo Alberto Abruzzese[4] si tratta di «una definizione pubblicisticamente assai fortunata, per quanto metodologicamente ancora assai poco elaborata e incerta. […] È un termine che deve molto alle analisi sull'immaginazione e sull'immaginario sviluppate da Sartre, Lacan e Bachelard e, in particolare, laddove il campo d'indagine si è concentrato sulle mitologie e i simboli che sono il patrimonio genetico delle forme di rappresentazione di un sistema sociale.
Ma l'immaginario collettivo trova un suo punto di appoggio materiale, un suo luogo di riferimento, una sua dimostrazione nei modi stessi di esprimersi dell'industria culturale. Ne è divenuto infatti il sinonimo più in uso, per certi aspetti subentrando al termine più autorevolmente filosofico e mitteleuropeo di spirito del tempo».