L'impiccagione è un metodo di esecuzione capitale che infligge la morte attraverso la sospensione del condannato a una corda stretta intorno al collo. In medicina, l'atto che provoca la morte da impiccagione prende il nome più generico di impiccamento. L'impiccagione è rimasta in voga come uno dei principali metodi di esecuzione della pena di morte dal medioevo al secolo XIX, con applicazioni fino a metà del XX e persistenza in alcuni luoghi anche nel XXI.
Laddove possiede una tradizione in epoca contemporanea, specie negli ordinamenti di common law, l'impiccagione può essere regolamentata quanto alle tecniche di esecuzione, alla lunghezza della corda e della caduta (cioè alla misura della forza cinetica da applicare, tenuto conto del peso del condannato), soprattutto al fine di provocare la morte istantanea.
L'impiccagione è un impiccamento giudiziario,[1] esegue sempre una legittima condanna a morte e si distingue perciò dall'impiccagione inflitta arbitrariamente. Può essere pubblica o tenersi senza la presenza di spettatori: il secondo caso è quello del private hanging praticato nelle carceri statunitensi, entrato in vigore in molti degli States man mano che essi abolivano l'impiccagione pubblica.[2]
Casi di esecuzione capitale per impiccagione di grande risonanza tra il XX e il XXI secolo hanno interessato personalità politiche e militari condannate a morte per crimini di guerra e contro l'umanità, come i responsabili nazisti dell'Olocausto (1946)[3] e, più tardi, l'autocrate iracheno Saddam Hussein (2006).[4]