Gli Inferi di Silio Italico sono un brano del poema Punica di Silio Italico, dove l'autore porta l'eroe romano alle soglie dell'Averno e lo fa parlare con le anime prave.
Nei tempi antichi, ogni poema epico di un certo spessore descriveva gli Inferi, il regno dei morti cambiando, secondo le intenzioni dell'autore, le caratteristiche "fisse" che la mitologia accettata imponeva.
E gli Inferi erano un posto estremamente frequentato non solo dalle anime dei defunti; conoscendo il preciso rituale del sacrificio, anche i mortali – purché eroi o artisti- potevano avvicinarsi e parlare con le ombre dei personaggi famosi o dei parenti.
Gli eroi dei poemi epici, con questo metodo, ottenevano enormi vantaggi nella preparazione dei loro piani potendo venire a conoscenza di quanto era accaduto in luoghi lontani e, molto più utile, avere informazioni credibili sugli eventi futuri che avrebbero dovuto affrontare.
Gli esempi più noti sono Omero che nell'Odissea fa scendere Ulisse agli Inferi, e Virgilio che nell'Eneide vi porta il suo eroe, Enea.
È meno noto, in quanto cantato da un poeta - a torto o a ragione - ritenuto minore, che anche Scipione l'Africano, all'età di 23-24 anni ebbe la possibilità di utilizzare questa fonte di informazioni. Silio Italico, nel suo Punica porta l'eroe romano alle soglie dell'Averno e lo fa parlare con le anime prave.
La descrizione dell'aldilà varia da regione a regione e riflette le credenze dei popoli che le esprimevano. I luoghi, i fiumi, i personaggi, in genere erano gli stessi ma utilizzati dai poeti in modo personalizzato. Come ogni poema antico anche i Punica descrivono il regno di Plutone secondo una disposizione geografica e sociologica disegnata dal poeta stesso.
Nel libro XIII, dal verso 523 al verso 614, Silio Italico descrive il triste regno permettendo a Scipione, che conosce e pratica il rituale sacrificale richiesto, di parlare con la defunta Sibilla. Questa lo informa sulla geografia del regno dei morti e sulla distribuzione dei suoi abitanti.