Infezione da Clostridioides difficile

Voce principale: Clostridioides difficile.
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Infezione da Clostridioides difficile
Colonscopia di una Colite pseudomembranosa grave complicanza dell'infezione da C.difficile
Eziologiainfezione
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM008.45
ICD-10A04.7
MeSHD004761
MedlinePlus000259

L'infezione da Clostridioides difficile (in sigla dall'inglese CDI), nota anche come enterocolite da C. difficile o colite associata ad antibiotici è un'infezione sintomatica dovuta al batterio Clostridioides difficile, molto diffuso nell'uomo, dove è normalmente parte del microbiota umano, e nell'ambiente sia in forma vegetativa sia nello stato di spora.[1][2][3]

Il C. difficile è una grave minaccia per la salute ed è il principale responsabile delle infezioni nosocomiali.[4] La CDI rappresenta circa il 20% dei casi di diarrea associata ad antibiotico.

L'enterocolite è causata dalle tossine prodotte dal C. difficile. Le manifestazioni cliniche variano da forme modeste a forme rapidamente fatali. I sintomi della CDI includono diarrea acquosa, febbre, nausea e dolore addominale. Le complicazioni possono includere colite pseudomembranosa, megacolon tossico, perforazione del colon e sepsi. La colite pseudomembranosa viene frequentemente identificata con la CDI, anche se è solo uno dei suoi molti quadri clinici. Anche la colite associata ad antibiotici viene frequentemente identificata con la CDI anche se ci sono coliti associate ad antibiotici non dipendenti dal C. difficile.[5]

L'infezione da Clostridioides difficile si diffonde attraverso le spore batteriche per via oro-fecale. Le superfici possono essere contaminate dalle spore con possibile diffusione attraverso le mani di soggetti ospedalizzati e operatori sanitari. Generalmente vengono colpiti pazienti sottoposti a terapia antibiotica ad ampio spettro, quale conseguenza dell'alterazione (disbiosi) del normale microbiota umano che risulta favorevole al C. difficile. Altri fattori di rischio comprendono il ricovero in ospedale, altri problemi di salute e l'età avanzata e, secondo alcuni studi, gli inibitori della pompa protonica. Raramente questa condizione può insorgere come complicanza di una patologia cronica debilitante o dopo un intervento chirurgico.[5]

La diagnosi viene effettuata mediante coltura di feci o test per il DNA o le tossine dei batteri. Nei soggetti che risultano positivi ma privi di sintomi, la condizione è nota come colonizzazione da C. difficile piuttosto che infezione.[6]

Gli sforzi di prevenzione includono la pulizia delle sale terminali negli ospedali, la limitazione dell'uso di antibiotici e campagne di lavaggio delle mani negli ospedali. Un igienizzante per mani a base di alcool non sembra efficace. L'interruzione degli antibiotici ad ampio spettro può determinare la risoluzione dei sintomi entro tre giorni in circa il 20% degli infetti.

Il trattamento antibiotico dei CDI può essere difficile, a causa sia della resistenza agli antibiotici sia dei fattori fisiologici dei batteri (formazione di spore, effetti protettivi della pseudomembrana). Gli antibiotici, il metronidazolo, la vancomicina o la fidaxomicina, cureranno l'infezione. I test diagnostici vanno ripetuti dopo il trattamento, quando i sintomi si siano risolti, poiché il paziente può rimanere colonizzato. Sono state segnalate recidive fino al 25% dei casi.[7] Alcuni dati provvisori indicano che il trapianto di microbiota fecale[8] e i probiotici possano ridurre il rischio di recidiva.

Un numero significativo di pazienti necessita di colectomia di emergenza.[9]

  1. ^ (EN) Christina Surawicz, Lawrence Brandt e David Binion, Guidelines for Diagnosis, Treatment, and Prevention ofClostridium difficileInfections, in American Journal of Gastroenterology, vol. 108, n. 4, 2013-04, pp. 478-498, DOI:10.1038/ajg.2013.4. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  2. ^ Vicki R. Kee, Clostridium Difficile Infection in Older Adults: A Review and Update on Its Management, in The American Journal of Geriatric Pharmacotherapy, vol. 10, n. 1, 1º febbraio 2012, pp. 14-24, DOI:10.1016/j.amjopharm.2011.12.004. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  3. ^ L Clifford McDonald, Dale N Gerding e Stuart Johnson, Clinical Practice Guidelines for Clostridium difficile Infection in Adults and Children: 2017 Update by the Infectious Diseases Society of America (IDSA) and Society for Healthcare Epidemiology of America (SHEA), in Clinical Infectious Diseases: An Official Publication of the Infectious Diseases Society of America, vol. 66, n. 7, 1º aprile 2018, pp. e1–e48, DOI:10.1093/cid/cix1085. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  4. ^ (EN) B.A. Miller e L.F. Chen, Comparison of the burdens of hospital-onset, healthcare facility-associated Clostridium difficile infection and of healthcare-associated infection due to methicillin-resistant Staphylococcus aureus in community hospitals (abstract), in Infect. Control Hosp. Epidemiol., vol. 32, 2011, pp. 387-390, DOI:10.1086/659156.
  5. ^ a b Wiep Klaas Smits, Dena Lyras e D. Borden Lacy, Clostridium difficile infection, in Nature reviews. Disease primers, vol. 2, 7 aprile 2016, p. 16020, DOI:10.1038/nrdp.2016.20. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  6. ^ Christoph Lübbert, Endres John e Lutz von Müller, Clostridium Difficile Infection, in Deutsches Ärzteblatt International, vol. 111, n. 43, 2014-10, pp. 723-731, DOI:10.3238/arztebl.2014.0723. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  7. ^ Jung Hoon Song e You Sun Kim, Recurrent Clostridium difficile Infection: Risk Factors, Treatment, and Prevention, in Gut and Liver, vol. 13, n. 1, 2019-1, pp. 16-24, DOI:10.5009/gnl18071. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  8. ^ Zev H. Davidovics, Sonia Michail e Maribeth R. Nicholson, Fecal Microbiota Transplantation for Recurrent Clostridium difficile Infection and Other Conditions in Children: A Joint Position Paper From the North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition and the European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition, in Journal of pediatric gastroenterology and nutrition, vol. 68, n. 1, 2019-1, pp. 130-143, DOI:10.1097/MPG.0000000000002205. URL consultato il 4 dicembre 2019.
  9. ^ EA. Sailhamer, K. Carson; Y. Chang; N. Zacharias; K. Spaniolas; M. Tabbara; HB. Alam; MA. DeMoya; GC. Velmahos, Fulminant Clostridium difficile colitis: patterns of care and predictors of mortality., in Arch Surg, vol. 144, n. 5, maggio 2009, pp. 433-9; discussion 439-40, DOI:10.1001/archsurg.2009.51, PMID 19451485.

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