L'irredentismo italiano fu un movimento d'opinione, espressione dell'aspirazione italiana a perfezionare territorialmente la propria unità nazionale, liberando le terre soggette al dominio straniero.[1] Le principali "terre irredente", note con tale nome per antonomasia e in senso stretto, erano considerate le province di Trento e Trieste, territori italiani rimasti all'Austria anche dopo la terza guerra d'indipendenza e che l'Italia annesse alla fine della prima guerra mondiale.
Il movimento fu attivo principalmente in Italia, tra la seconda metà del XIX secolo e la prima del secolo successivo, a favore dell'integrazione nel Regno d'Italia di tutti i territori compresi nella regione geografica italiana o popolati da italofoni e collegati all'Italia da secolari legami storici, linguistici e culturali. Il movimento non aveva carattere unitario, essendo costituito da diversi gruppi e associazioni, generalmente non coordinati tra loro.
«Con "irredentismo" si designa l'aspirazione di un popolo a completare sul piano territoriale la sua unità nazionale, liberando le terre soggette al dominio straniero. La paternità di questa parola va attribuita al patriota e uomo politico Matteo Renato Imbriani, che nel 1877, ai funerali del padre Paolo Emilio, usò l'espressione "terre irredente", cioè non salvate; subito dopo, un giornalista viennese lo definì "irredentista" per dileggiarlo.»