«Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.»
John Maynard Keynes, 1º barone Keynes di Tilton[1] (/ˈkeɪ̯nz/; Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946), è stato un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato il più influente tra gli economisti del ventesimo secolo.
Le sue idee furono sviluppate e formalizzate nel primo dopoguerra dagli economisti della scuola keynesiana; quest'ultima si contrappose all'idea di ordine spontaneo della scuola austriaca e al monetarismo della scuola di Chicago.
I suoi contributi alla teoria economica, espressi nel saggio Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, hanno dato origine infatti alla cosiddetta "rivoluzione keynesiana" che, in contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico statale nell'economia con misure di politica di bilancio e monetaria, qualora un'insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nella fase di crisi del ciclo economico, promuovendo dunque una forma di economia mista.
Keynes fu iscritto al partito liberale del Regno Unito, ma si domandava se lui stesso fosse liberale[2]. Fautore della terza via, le sue posizioni furono quelle dell'intervento in economia, del socialismo liberale e della socialdemocrazia.[3][4]