Il termine legittimismo si riferisce ad una dottrina politica teorizzata durante il Congresso di Vienna (1814-1816) dal rappresentante della monarchia francese Talleyrand (in accordo con il cancelliere austriaco Metternich) il quale sosteneva un ritorno all'assolutismo monarchico del XVIII secolo (temperato in Francia dalla costituzione del 1814) e, riaffermando che il potere dinastico ha un valore assoluto poiché per diritto divino è assegnato "per grazia di Dio", pretendeva la restaurazione sui loro "legittimi" troni dei sovrani europei arbitrariamente detronizzati con la forza dalla Rivoluzione francese e da Napoleone[1].
Dal 1789 al 1814, prima del conio del termine legittimismo, i monarchici francesi, solitamente coincidenti con i controrivoluzionari reazionari o i moderati opposti alla Repubblica (Foglianti, Club di Clichy) e poi all'Impero, erano detti comunemente realisti (royalistes). Essi promossero l'esercito degli emigrati, la guerra di Vandea, il movimento dei muscadins, la chouannerie e l'insurrezione del 13 vendemmiaio anno IV.
In generale, il legittimismo (o "lealismo") è la fedeltà monarchica ad una determinata dinastia e/o ad un determinato sovrano.
I più estremi legittimisti francesi erano i sostenitori dell'ultrarealismo. Dal 1830 il movimento monarchico francese fu diviso tra legittimisti e orleanisti. Dopo l'unione dei due rami dopo il 1871 si costituì l'unionismo sostenitore della successione dei Borbone-Orléans, ma all'estinzione dei Borbone-Francia (ramo principale), con la morte di Enrico d'Artois (che aveva nominato Delfino il cugino Orléans, conte di Parigi), una fazione minoritaria (sostenitrice dei Bianchi di Spagna), non accettò questa soluzione. Il movimento legittimista maggioritario si unificò al movimento monarchico royaliste con gli orleanisti, ma permane tuttora un piccolo gruppo di legittimisti, quelli che si definirono neo-legittimisti, ricercando i propri candidati al trono nei Borbone-Spagna di tradizione "carlista", attualmente nel ramo Borbone-Dampierre.