Lingua cinese

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cinese
汉语 (hànyǔ)
Parlato in(maggioranze): Cina continentale e sud est asiatico;
(minoranze): comunità cinesi nell'Asia occidentale, nelle Americhe, in Africa, Europa e nel Pacifico.
Locutori
Classifica1
Altre informazioni
TipoSVO tonale
Tassonomia
FilogenesiLingue sinotibetane
 Lingue sinitiche
  Cinese
Codici di classificazione
ISO 639-1zh
ISO 639-2(B)chi, (T)zho
ISO 639-3zho (EN)
Linguist Listchin (EN)
Glottologsini1245 (EN)
Distribuzione geografica del cinese.

La lingua cinese (漢語T, 汉语S, hànyǔP), nella sua accezione più generica (e non per indicare il cinese moderno standard o un particolare dialetto come lo shanghaiese o una famiglia di dialetti come il cantonese, l'hakka e i minnan), è una vasta e variegata famiglia linguistica composta da centinaia di varietà linguistiche locali distinte e spesso non mutuamente intelligibili (come ad esempio il dialetto di Pechino e il dialetto cantonese).

Queste varianti fanno parte della famiglia delle lingue sinotibetane, evolutesi a partire dalla fine del III secolo a.C. nell'area geografica grossomodo corrispondente alla Cina continentale durante l'affermazione, espansione e successiva decadenza delle dinastie Qin e Han (alcuni linguisti, tra cui Bernhard Karlgren, hanno ipotizzato che la diversificazione dei vari dialetti sia avvenuta dopo l'VIII secolo d.C.)[1].

Sono dunque note anche come "lingue sinitiche", nate da una probabile divisione del proto-sino-tibetano, o trans-hymalayano, rispettivamente in ceppo sinitico (lingue delle culture neolitiche e cinese antico, attestato nel periodo tra la dinastia Shang e Han e di cui esistono alcune ricostruzioni, e.g. Baxter-Sagart, 2014, ed evoluto in primo cinese medio/EMC, da cui discendono gran parte dei dialetti eccetto per le lingue bai e il min, che discendono dal cinese antico) e in tibeto-birmano (proto-tibeto-birmano, di cui esiste una ricostruzione proposta da James Matisoff. Da esso discende il birmano antico e il tibetano antico, da cui derivano le lingue tibetiche). Le lingue sinitiche sono poi suddivisibili in vari gruppi di dialetti (ad esempio il min a cui appartiene l'hokkien, i dialetti wu a cui appartiene lo shanghaiese, lo yue a cui appartiene il cantonese standard/varietà prestigiosa di Hong Kong...). Già durante il cinese antico si registra una suddivisione in varietà locali. Lo standard ISO 639-3 identifica il cinese come un macrolinguaggio[2].

Ciascuna varietà locale del cinese ha comunque delle caratteristiche in comune con le altre: è caratterizzata dal fatto di essere una lingua tonale, isolante (ha perso la morfologia dopo il cinese antico), in cui vige l'ordine dei costituenti SVO, la cui evoluzione è stata influenzata e determinata in maniera importantissima dall'esistenza di un sistema di scrittura standard basato sui caratteri cinesi.

Il cinese ha la grande peculiarità di non avere un alfabeto, ma di essere scritto con un corpus di decine di migliaia di caratteri detti "sinogrammi" o "caratteri cinesi" (i più diffusi comunque sono 3000/3500) nati in origine per essere incisi sulle ossa oracolari messe a crepitare sul fuoco per effettuare delle divinazioni (1250 a.C., dinastia Shang). Sono basati su un sistema di unità minime, i radicali, di cui esistono due versioni/liste/sistemi fondamentali: i 214 radicali Kangxi (康熙部首; 1615, 1716), che sono lo standard pure nelle lingue sino-xeniche, e i loro antenati, i 540 radicali Shuowen (说文解字部首, 100 d.C.). Con queste unità minime, la scrittura, la ricerca su dizionari cartacei e digitali e la memorizzazione sono molto più agevoli, come anche la ricerca filologica e paleografica a partire dalle ossa oracolari e dai bronzi del periodo Shang e Zhou, laddove già attestati. La pronuncia viene oggi indicata con un sistema di romanizzazione, il pinyin, basato sull'alfabeto latino. I caratteri cinesi sono stati pure esportati in Corea, Giappone e Vietnam (hanja, kanji e chu' Nom, usati raramente in lingua coreana, tuttora usati in lingua giapponese e in disuso in lingua vietnamita): il coreano, il giapponese e il Vietnamita, chiamate lingue sino-xeniche (lingue della sinosfera), ritengono molte caratteristiche della pronuncia in primo cinese medio, come le occlusive senza rilascio udibile di suono *-p, *-t e *-k e la coda nasale *-m.

Il cinese, stando a Ethnologue 2020, è parlato da 1,3 miliardi di persone e la varietà mandarina/settentrionale ha 1,12 miliardi di parlanti (gran parte lo parla come lingua nativa); quest'ultima è la prima famiglia linguistica con maggior numero di parlanti nativi al mondo. Come parlanti totali, è al secondo posto, appena sotto l'inglese.

  1. ^ Jerry Norman, The Chinese dialects: phonology in Graham, p. 80
  2. ^ documentazione relativa alla classificazione del cinese nello standard ISO 639-3

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