Il termine moro o moresco è usato in contesto non-islamico per indicare i musulmani del Marocco, della penisola iberica (al-Andalus) e della Sicilia (Emirato di Sicilia). Tuttora costituiscono l'elemento fondamentale autoctono marocchino, denotando specialmente i berberi (gli Arabi erano chiamati Saraceni o Agareni).[1] Il termine fu coniato dal tardo latino Mōrus, che proviene da Maurus, "Mauro", "abitante della Mauretania", dal greco Mauros (Μαύρος).
Infatti la massima parte dei musulmani non iberici nella relativa penisola non erano Arabi ma Berberi, abitanti del Marocco (nella tarda latinità la Mauretania comprendeva anche gran parte dell'antica Numidia). Il termine Mori o Mauri è stato a lungo usato per indicare i maghrebini in contrapposizione a Europei, Arabi e Turchi, prima che prendesse piede l'uso improprio, diffuso soprattutto a partire dall'epoca di Napoleone III, di chiamare indistintamente Arabi tutti i maghrebini musulmani.
Il termine "Moro" è a lungo servito all'epoca a tracciare una netta linea demarcativa non solo religiosa ma anche "etnica" fra gli abitanti cristiani dell'Europa e i musulmani. "Moro" si è infatti sovrapposto alla parola mediterranea, attestata anche nel greco, che indica qualcosa di scuro, per esempio scuro di carnagione, caratteristica questa sostanzialmente presente nell'elemento berbero.
Semanticamente, in un'epoca di più puntuale precisione scientifica (quindi anche lessicografica), il termine ha finito con l'acquisire un'accezione sostanzialmente denigratoria.[2]
Secondo Mario Alinei[3], esistendo diversi toponimi in ambito celtico, dall'Atlantico al mar Mediterraneo, il termine potrebbe derivare o essersi incrociato con l'originale dei galiziani mouras (mora), mouros (moro), termini, indicanti i megaliti, connessi a una radice celtica *mrvos che significa "morto, essere soprannaturale, gigante".