Nautiloida

Nautiloida
Un esemplare di N. belauensis
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
SuperphylumProtostomia
(clade)Lophotrochozoa
PhylumMollusca
SubphylumConchifera
ClasseCephalopoda
SottoclasseNautiloida
Agassiz, 1847
Ordini

I nautiloidi (Nautiloida Agassiz, 1847) sono una sottoclasse di molluschi cefalopodi di ambiente marino la cui documentazione fossile risale fino al Cambriano superiore.[1] Hanno una distribuzione di profondità piuttosto ampia (fino a circa 900 m)[2] e sono caratterizzati da una conchiglia calcarea aragonitica suddivisa internamente da setti in camere, collegate tra loro da una struttura organica in parte mineralizzata definita "sifuncolo", che ha la funzione di regolare per osmosi la pressione dei fluidi interni (gas e liquido camerale). Questa particolare struttura del guscio costituisce un adattamento alle condizioni di pressione variabile derivanti dall'ampio intervallo di distribuzione batimetrica che contraddistingue il gruppo.[3][4] Dal punto di vista filogenetico, si tratta dei progenitori di tutti i cefalopodi attuali (polpi, seppie, calamari) e delle ammoniti (estinte dalla fine dell'era mesozoica): questo gruppo al presente costituisce un elemento faunistico relativamente poco sviluppato e con un areale ridotto (regione indo-pacifica); in passato, soprattutto nel Paleozoico, ha rappresentato uno dei gruppi più diversificati tassonomicamente e di maggior successo; le forme estinte appartenenti a questo gruppo sono oggetto di numerosi studi paleontologici per la loro utilità in campo biostratigrafico e paleoambientale. Per la struttura particolare e armoniosa della conchiglia spirale e concamerata, il nautilo è inoltre uno degli animali marini più iconici, rappresentato e citato diffusamente in varie espressioni artistiche, figurative e letterarie, e utilizzato come elemento ornamentale.

  1. ^ Clarkson (1998), pp. 233-234.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Clarkson1998-p233
  3. ^ Allasinaz (1982), pp. 242-243.
  4. ^ Clarkson (1998), p. 230.

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