Osiride (anche Usiride, Osiris o Osiri[1], in greco antico: Ὄσιρις?, ellenizzazione dell'originale egizio Asar o Asir) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, membro dell'Enneade e faraone mitico dell'antico Egitto.
Inventore dell'agricoltura e della religione, si riteneva che avesse regnato come civilizzatore e benefattore dell'umanità. In una delle numerose versioni del suo mito, Osiride sarebbe morto annegato nel Nilo, assassinato nel corso di un complotto organizzato dal fratello minore Seth. Malgrado lo smembramento del corpo, sarebbe tornato in vita grazie alle pratiche magiche delle sorelle Iside e Nefti.
Il martirio di Osiride gli avrebbe guadagnato la signoria sul mondo dei morti, di cui sarebbe divenuto sovrano e giudice supremo, garante delle leggi di Maat - era perciò venerato come dio della morte e dell'oltretomba[2].
Nel corso del Medio Regno (2050 - 1650 a.C.) Abido divenne la città di Osiride, capitale del suo culto[3]. La fama di questa città risiedeva nelle festività connesse all'anno nuovo e sulla reliquia della testa del dio. Durante il I millennio a.C. Osiride conservò il suo ruolo di dio funerario e giudice dei morti. Ciò nonostante, il suo aspetto di divinità delle benefiche inondazioni del Nilo e, di conseguenza, di dio della fertilità sembrò acquisire la preminenza, aumentando esponenzialmente la sua popolarità presso la popolazione della valle del Nilo.
Alcuni coloni greci installati a Menfi adottarono il suo culto nella forma locale di Osiride-Api, il sacro toro morto e mummificato. I faraoni tolemaici (IV - I secolo a.C.) importarono il suo culto ad Alessandria nella forma di Serapide, dio sincretico greco-egizio. Dopo la conquista romana dell'Egitto, Osiride e Iside godettero, a Roma e nel resto dell'impero, di una venerazione che si mantenne fra alti e bassi fino al IV secolo d.C. (bando del paganesimo nel 392 da parte dell'imperatore Teodosio I), fino a quando non cessò con l'ascesa del Cristianesimo. Nato intorno al XXIV secolo a.C., il culto osiriaco si mantenne fino al VI secolo d.C. nel Tempio dell'Isola di File, l'ultimo dell'Egitto, quando l'imperatore Giustiniano I ne ordinò la chiusura nell'anno 530[4].
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