Palmiro Togliatti | |
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Segretario generale del Partito Comunista Italiano | |
Durata mandato | 1927 – gennaio 1934 |
Predecessore | Antonio Gramsci |
Successore | Ruggero Grieco |
Durata mandato | maggio 1938 – 21 agosto 1964 |
Predecessore | Ruggero Grieco |
Successore | Luigi Longo |
Ministro di grazia e giustizia del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 21 giugno 1945 – 1º luglio 1946 |
Capo del governo | Ferruccio Parri Alcide De Gasperi |
Predecessore | Umberto Tupini |
Successore | Fausto Gullo (Repubblica Italiana) |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 12 dicembre 1944 – 21 giugno 1945 |
Capo del governo | Ivanoe Bonomi Ferruccio Parri |
Predecessore | Giuseppe Spataro |
Successore | Pietro Nenni |
Ministro senza portafoglio | |
Durata mandato | 24 aprile 1944 – 12 giugno 1945 |
Capo del governo | Pietro Badoglio Ivanoe Bonomi |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 2 giugno 1946 – 21 agosto 1964 |
Legislatura | AC, I, II, III, IV |
Gruppo parlamentare | Comunista |
Circoscrizione | AC; II: CUN I; III-IV: Roma |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | PSI (1914-1921) PCd'I (1921-1943) PCI (1943-1964) |
Titolo di studio | Laurea in giurisprudenza |
Università | Università degli Studi di Torino |
Professione | giornalista, dirigente politico |
Firma |
Palmiro Michele Nicola Togliatti (Genova, 26 marzo 1893 – Jalta, 21 agosto 1964) è stato un politico, giornalista ed economista italiano, tra i più influenti e popolari dirigenti comunisti della storia mondiale, che guidò il Partito Comunista Italiano dagli anni venti agli anni sessanta, quando morì per un'emorragia cerebrale all'età di 71 anni. Nel 1930 prese la cittadinanza sovietica[1], e più tardi in quel Paese ebbe una città nominata in suo onore: Togliatti.
Membro fondatore del Partito Comunista d'Italia nel 1921, ne fu segretario e capo indiscusso dal 1927 fino al 1964, con un'interruzione dal 1934 al 1938, durante la quale fu il rappresentante all'interno del Comintern (per le sue capacità di mediatore fra le varie anime del partito fu chiamato il «giurista del Comintern», appellativo attribuitogli da Lev Trockij[2]), l'organizzazione internazionale dei partiti comunisti d'osservanza moscovita.
Anche di questo organismo Togliatti fu uno degli esponenti più rappresentativi e, dopo che esso fu sciolto nel 1943 e sostituito dal Cominform nel 1947, rifiutò la carica di segretario generale, offertagli direttamente da Stalin nel 1951, preferendo restare al comando del partito in Italia e cominciando a nutrire dei dubbi sulla politica del leader sovietico, fatto che gli fece approvare in pieno la linea di Nikita Chruščëv al XX congresso del PCUS (1956).[3]
Ministro senza portafoglio negli esecutivi Badoglio II e Bonomi II, dal 1944 al 1945 ricoprì la carica di vicepresidente del Consiglio e poi, dal 1945 al 1946, quella di ministro di grazia e giustizia, nei governi di coalizione che ressero l'Italia dopo la caduta del fascismo.
Membro dell'Assemblea Costituente, dalla primavera del 1947 guidò il partito all'opposizione rispetto ai vari governi che si succedettero sotto la guida della Democrazia Cristiana, che conquistò un successo storico alle elezioni del 18 aprile 1948. Dopo anni di ortodossia stalinista[4], pochi mesi dopo la morte di Stalin, Togliatti elaborò la teoria della "via italiana al socialismo", cioè la realizzazione del progetto comunista tramite la democrazia, ripudiando l'uso della violenza e applicando la Costituzione italiana in ogni sua parte.[5]
Sopravvissuto a un attentato nel luglio 1948, egli morì nel 1964, durante una vacanza in Crimea sul Mar Nero, nell'allora Unione Sovietica.