Paul Kammerer (Vienna, 17 agosto 1880 – Puchberg am Schneeberg, 23 settembre 1926) è stato un biologo austriaco.
Fu un sostenitore del neolamarckismo, teoria evoluzionistica secondo la quale gli organismi possono trasmettere alla progenie caratteristiche acquisite o perse durante la loro esistenza tramite l'uso o il disuso di una funzione. Agli inizi del Novecento tale teoria conobbe un certo successo, contrapponendosi al neodarwinismo originatosi dalle teorie di August Weismann. Era appena stato riscoperto il lavoro sui caratteri ereditari di Gregor Mendel e il problema del meccanismo sotteso alla trasmissione delle caratteristiche selezionate dall'evoluzione nei primi decenni del secolo era considerato aperto.
Kammerer divenne noto per le capacità di manipolare la riproduzione e lo sviluppo di anfibi e fu probabilmente lo sperimentatore neolamarckiano più famoso del primo Novecento. Ottenne infatti diversi risultati che apparivano straordinari. Ciò diede adito a polemiche feroci e ad accuse di frode. Si suicidò nemmeno due mesi dopo che su Nature era stata pubblicata la lettera di Noble che lo accusava esplicitamente di frode nell'esperimento sui rospi ostetrici.[1] Kammerer stesso nella lettera di addio ammise che dopo aver ricontrollato i campioni l'esperimento gli sembrava essere stato manipolato, ma proclamò la sua innocenza, attribuendo la frode a un assistente a lui ignoto.
Le polemiche sull'opera di Kammerer continuarono anche dopo la sua morte, ad esempio con la sua difesa da parte del giornalista Arthur Koestler negli anni settanta. Nel tempo c'è stata una certa rivisitazione della sua figura. Alcuni dei suoi risultati sembrano infatti ottenuti in buona fede ma in realtà non sono così eclatanti quanto appariva ai suoi contemporanei e sono almeno in parte spiegabili con meccanismi epigenetici, all'epoca sconosciuti.[2]