La pirateria è l'azione dei pirati,[2] ovvero di coloro che compiono violenze o atti illegali in ambito nautico. Storicamente essi sono perlopiù marinai che assaltano, saccheggiano, derubano o affondano navi, spesso dopo aver abbandonato la precedente vita civile sui mercantili per scelta o per costrizione.
L'attività è altrimenti nota con la locuzione "correre il mare",[3] dal latino cŭrsus (derivato da cŭrrĕre).
La pirateria è antica quanto la navigazione, ma nella cultura popolare è riferita soprattutto ai secoli XVI-XIX (specie 1600 e 1700) ovvero alla pirateria nautica più documentata (segnatamente quella occidentale).
Le aree considerate ad alto rischio di pirateria sono cambiate nel tempo. Tra queste ci sono state il Mare Caraibico, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il Golfo Persico, il litorale del Malabar nonché tutto il tratto di mare tra Filippine, Malaysia e Indonesia dove spadroneggiavano i pirati filippini. Il fenomeno piratesco si deve essenzialmente a povertà, istituzioni deboli o assenti nonché posizioni strategiche per il controllo della navigazione.
Il Mar Cinese Meridionale ospitava all'inizio del XIX secolo la più temuta e numerosa comunità di pirati (si stima circa 40.000), ma la locuzione "epoca d'oro della pirateria" si riferisce soprattutto alla pirateria caraibica del '600-'700 (calata drasticamente nell'800).
In tempi moderni per pirateria si intendono anche situazioni diverse da quella nautica originaria, per estensione del significato di appropriazione indebita: pirateria informatica, pirateria di contraffazione, pirateria aerea, pirateria stradale, plagio.