Il principio antropico afferma, in ambito fisico e cosmologico, che le osservazioni scientifiche sono soggette ai vincoli dovuti alla nostra esistenza di osservatori, cercando di spiegare, sulla base di tale concetto, le attuali caratteristiche dell'Universo.
Il termine «principio antropico» fu coniato nel 1973 da Brandon Carter durante il simposio Confronto delle teorie cosmologiche con i dati delle osservazioni tenutosi a Cracovia nel quadro delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della nascita di Niccolò Copernico. Nel suo intervento (Large Number Coincidences and the Anthropic Principle in Cosmology) Carter notava che «…anche se la nostra situazione non è "centrale", è inevitabilmente per certi versi privilegiata».[1] Con tale affermazione intendeva mettere in guardia dall'uso eccessivo del principio copernicano e si proponeva di riportare all'attenzione degli scienziati un'apparente ovvietà: l'universo e le sue leggi non possono essere incompatibili con l'esistenza umana.
Proposto inizialmente come metodo di ragionamento, il principio antropico è stato nel tempo variamente interpretato.
Il progresso scientifico non esclude che possa emergere una teoria più approfondita dell'universo che permetta di dedurre i valori delle costanti fondamentali da un insieme meno numerosi di costanti fisiche, tali da ridurre l'ipotesi di una regolazione iperfine di origine sovrannaturale (a meno di una sensitività maggiore delle costanti trovate). In passato, ciò è avvenuto ad esempio con la deduzione delle costanti fondamentali della chimica a partire dalla meccanica quantistica.[2]