Le proteste per la morte di Mahsa Amini sono state una serie di manifestazioni iniziate a Teheran il 16 settembre 2022 e terminate nel corso del 2023, come reazione all'uccisione della ventiduenne Mahsa Amini (in persianoمهسا امینی).[5] La ragazza è stata arrestata dalla polizia morale per aver violato la legge sull'obbligo dell'hijab, avendolo indossato in maniera «impropria» durante la sua visita alla capitale da Saqqez.[6] Secondo i testimoni è stata colpita con forza dagli agenti della polizia morale, asserzione negata dalle autorità iraniane.[7]
Le proteste si sono rapidamente estese dalla città natale di Amini, Saqqez, ad altre città della provincia del Kurdistan e di altre province.[8] In risposta a queste manifestazioni, il governo iraniano ha attuato delle interruzioni regionali dell'accesso a Internet a partire dal 19 settembre, seguite da diffusi black out della rete insieme a restrizioni a livello nazionale sull'uso dei social media man mano che le proteste si sono diffuse.[9][10] L'ĀyatollāhAli Khamenei, Guida suprema dell'Iran, ha liquidato i disordini etichettandoli semplicisticamente come «rivolte» e come una «guerra ibrida» causata da Stati stranieri e dissidenti all'estero.[11][12] Le donne e gli studenti hanno svolto un ruolo chiave nelle manifestazioni. Oltre alle richieste di maggiori diritti per le donne, le proteste chiedono il rovesciamento della Repubblica islamica: si distinguono così dai precedenti grandi movimenti di protesta in Iran che si sono focalizzati sui risultati elettorali o sui problemi economici.[13] Le manifestazioni sono state descritte dal Guardian come la minaccia maggiore al governo dalla rivoluzione islamica iraniana del 1979.[14] Diversamente dalle proteste del 2019-2020, quelle del 2022 sono state «a livello nazionale, diffuse tra classi sociali, università, strade e scuole»,[14] al punto che alcuni analisti le definiscono come una possibile seconda rivoluzione iraniana di segno opposto.[15]
Secondo l'organizzazione no-profitIran Human Rights, al 29 novembre 2022 almeno 448 persone, di cui 60 minori, sono state uccise a seguito dell'intervento del governo,[2] che ha utilizzato gas lacrimogeni e colpi di arma da fuoco[16][17][18] – rendendo queste le proteste più sanguinose da quelle del 2019-2020, che hanno comportato più di 1 500 vittime.[19] Questa risposta da parte del governo è stata ampiamente condannata.