Il razzismo negli Stati Uniti d'America rappresenta un fenomeno storico presente fin dall'epoca coloniale. I privilegi e i diritti sanzionati legalmente o socialmente furono largamente dati ai bianchi americani, ma negati ai nativi americani, agli afroamericani, agli asioamericani e agli ispanici latinoamericani. Agli statunitensi di origine europea, in particolare ai ricchi protestanti anglosassoni, vennero concessi privilegi esclusivi in materia d'istruzione, immigrazione, diritto di voto, cittadinanza, acquisizione dei terreni e procedimenti penali per un lasso di tempo che va dal XVII secolo fino agli anni sessanta del XX secolo.
Tuttavia, anche gli immigrati non protestanti provenienti dal continente europeo, in particolare i cittadini irlandesi, polacchi e italiani subirono, all'interno della società statunitense, un'emarginazione xenofoba ed altre forme di discriminazione basate sull'etnia e, almeno fino ad un certo periodo, non vennero neppure considerati come degli "autentici bianchi".
Inoltre, i gruppi originari del Medio Oriente, come gli Ebrei e gli Arabi, hanno dovuto affrontare anch'essi una più o meno continua situazione discriminatoria; come diretta conseguenza di ciò, alcune persone appartenenti a queste comunità non si autoidentificano come "bianchi statunitensi". Anche coloro che provengono dall'Asia orientale e dall'Asia meridionale sono stati costretti ad affrontare il problema costituito dal pregiudizio razzista.
Le principali istituzioni razziali etnicamente strutturate includono la schiavitù, la segregazione razziale, le cosiddette guerre indiane, le riserve indiane, la segregazione scolastica, le legislazioni sull'immigrazione e la naturalizzazione e i campi d'internamento durante la seconda guerra mondiale: l'internamento dei giapponesi, dei tedeschi e degli italiani.
Almeno formalmente, la discriminazione razziale è stata abolita a partire dalla metà del XX secolo e, con il trascorrere del tempo, è stata sempre più percepita come socialmente inaccettabile e/o moralmente ripugnante. La politica di stampo razziale rimane tuttavia un fenomeno di ampia portata ed il razzismo implicito continua ancora ai giorni nostri a riflettersi nelle ampie disparità e disuguaglianze socioeconomiche[1][2], fino a giungere a forme più moderne e prevalentemente indirette di "razzismo simbolico"[3]. Un'ampia stratificazione sociale su base razziale continua a manifestarsi nell'ambito occupazionale ed in campo salariale, nella ricerca dell'alloggio, nell'istruzione e nella formazione professionale, nella concessione di prestiti e mutui e finanche in campo governativo.
Secondo l'US Human Rights Network[4], un'organizzazione che concentra la propria attenzione sul rispetto dei diritti civili e che collabora con le organizzazioni per i diritti umani "la discriminazione negli Stati Uniti permea tutti gli aspetti della vita e si estende a tutte le comunità di minoranza"[5].
Mentre la natura dei punti di vista degli statunitensi medi si è molto modificata nel corso degli ultimi decenni, le indagini condotte da parte di associazioni indipendenti - oltre che dalla stessa ABC News - hanno scoperto che, anche recentemente, ampi strati di popolazione si riconosce nelle più comuni opinioni discriminatorie. Nel 2007 uno studio ha rilevato che una persona su dieci ammetteva di avere pregiudizi contro gli ispanici e sudamericani, mentre una su quattro manteneva forti giudizi negativi contro gli arabi in generale[6].