Rimpasto

Rimpasto è il termine, d'origine gergale, ma ormai comunemente accettato anche dai manuali di diritto costituzionale, che indica i mutamenti all'interno della compagine di un governo, i quali abbiano luogo senza le dimissioni dell'intero gabinetto. Presupposti, motivi e vantaggi del "rimpasto" sono la possibilità di evitare una più seria crisi di governo.

Tipico dei sistemi parlamentari basati sul cosiddetto modello Westminster o sul premierato, ma anche del semipresidenzialismo francese, il rimpasto presuppone la capacità del primo ministro o presidente del Consiglio dei Ministri o cancelliere federale, pur formalmente equiordinato agli altri membri del governo, di chiedere e ottenere la revoca o le dimissioni di singoli ministri.

Condizione, quindi, perché tali revoche o dimissioni non comportino una crisi di governo è che il capo del gabinetto sia anche il presidente del partito di maggioranza o, quantomeno, il capo riconosciuto e indiscusso della coalizione di partiti.

I rimpasti originano, normalmente, dalla constatazione dell'inconciliabilità del dissidio fra due o più ministri o fra uno o più di costoro e il primo ministro, ovvero, più comunemente, da sconfitte del governo in referendum o elezioni parziali, nella speranza, così, di rilanciare l'immagine del governo stesso di fronte all'opinione pubblica in vista delle più o meno imminenti elezioni generali.

Vantaggi del rimpasto, rispetto alla crisi di governo o, nei casi più gravi, alle elezioni anticipate, sono la rapidità e la "chirurgicità" dell'intervento, che consentono di apportare i cambiamenti ritenuti necessari senza interrompere o rallentare l'azione governativa, evitando di penalizzare anche i ministri più meritevoli.


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