Rivolta di Mitilene parte guerra del Peloponneso | |
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Data | 428-427 a.C. |
Luogo | Mitilene, isola di Lesbo |
Esito | Vittoria ateniese |
Schieramenti | |
Comandanti | |
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La rivolta di Mitilene è il nome dato al tentativo, da parte di Mitilene, di unificare l'isola di Lesbo sotto il suo controllo, rivoltandosi all'impero ateniese. Nel 428 a.C. il governo di Mitilene pianificò una ribellione coordinata con Sparta, con la Beozia e con alcune altre poleis dell'isola, cominciando a fortificare la città e accumulando viveri per resistere a una guerra prolungata. Questi preparativi furono interrotti dalla flotta ateniese, che era stata avvertita del complotto, e gli abitanti di Mitilene inviarono un rappresentante ad Atene per discutere di una soluzione, ma contemporaneamente ne inviarono anche uno a Sparta, chiedendo rinforzi.
Il tentativo di raggiungere un accordo con Atene non ebbe successo, poiché gli Ateniesi non erano disposti a consentire che la città di Metimna, loro fedele alleata, venisse presa da Mitilene; quindi bloccò quest'ultima con la sua flotta. Sparta, anche se accettò di inviare il supporto e preparò una flotta, fu intimidita da una dimostrazione ateniese di forza e non agì fino al 428 a.C.
A seguito della resa degli abitanti di Mitilene, ebbe luogo ad Atene un acceso dibattito sulla sorte dei ribelli: la fazione più radicale, capeggiata da Cleone, sostenne la necessità di condannare a morte tutta la popolazione maschile e di ridurre in schiavitù donne e bambini; altri, tra cui Diodoto, figlio di Eucrate, sostenevano che solo i soggetti più compromessi dovessero essere messi a morte. L'Ecclesia vacillò: il primo giorno decretò l'uccisione in massa, in seguito ritrattò l'ordine e accolse la proposta di Diodoto. In conclusione, dell'intera popolazione furono giustiziate 1.000 persone; numero che, comunque, diversi storiografi ritengono esagerato e dovuto ad un fraintendimento dello scriba.