Rivoluzione culturale

Francobolli della Rivoluzione culturale che raffigurano: l'internazionalismo proletario, cinesi che esultano con Mao (che è raffigurato più alto) e Mao che saluta.
La propaganda politica delle Guardie Rosse: "Difendi il Comitato Centrale del Partito con sangue e vita! Difendi il presidente Mao con sangue e vita!".

La rivoluzione culturale (文革S), detta anche grande rivoluzione culturale (文化大革命S, wénhuà dà gémìngP), aveva il nome ufficiale di grande rivoluzione culturale proletaria (无产阶级文化大革命S, wúchǎn jiējí wénhuà dà gémìngP) e fu lanciata nella Repubblica Popolare Cinese nel 1966 da Mao Zedong (con l'aiuto del gruppo della rivoluzione culturale), la cui direzione era posta in discussione a causa del fallimento della politica economica da lui ideata e pianificata nel cosiddetto grande balzo in avanti.[1]

La rivoluzione culturale fu il tentativo effettuato da Mao per riprendere il comando effettivo del Partito e dello Stato, dopo un periodo di politiche meno radicali. Fu attuata mobilitando i giovani per estromettere a loro volta i dirigenti, sia nazionali sia locali, che lo avevano emarginato.[2] Furono istituiti comitati rivoluzionari per sostituire le agenzie governative originarie.[3] Lo scontro tra Mao e altri massimi leader era mascherato, dal punto di vista ideologico, con la lotta contro quello che definiva "il riformismo" dei suoi oppositori, tra cui Liu Shaoqi e Deng Xiaoping, al fine di ripristinare l'applicazione ortodossa del pensiero marxista-leninista che egli riteneva coincidesse con il suo pensiero.[4]

Il numero stimato di morti durante la Rivoluzione Culturale varia notevolmente da centinaia di migliaia a 20 milioni.[5][6][7][8] A partire dall'agosto rosso di Pechino, si sono verificati massacri in tutta la Cina continentale, che includevano il massacro del Guangxi (in cui si è verificato anche il cannibalismo umano su larga scala[9][10]), l'incidente della Mongolia Interna, il caso spionistico di Zhao Jianmin e così via.[8][11] Allo stesso tempo, le Guardie rosse iniziarono a distruggere i "Quattro vecchi" e i membri delle Cinque categorie nere furono ampiamente perseguitati.[8][11] Il crollo della diga di Banqiao (e di dozzine di altre dighe), uno dei più grandi disastri tecnologici della storia, è avvenuto anche durante la Rivoluzione Culturale, uccidendo fino a 240.000 persone.[12][13][14]

Nel settembre 1976 Mao Zedong morì e in ottobre la Banda dei Quattro fu arrestata, ponendo fine alla Rivoluzione Culturale.[15] Nel 1978 Deng Xiaoping divenne il nuovo Leader supremo della Cina e avviò il programma "Boluan Fanzheng (拨乱反正)" per correggere gli errori della Rivoluzione Culturale; nel dicembre 1978 iniziò una nuova era della Cina con il programma "Riforma e apertura (改革开放)".[16][17] Nel 1981 il Partito Comunista Cinese dichiarò ufficialmente che la Rivoluzione Culturale era "responsabile della più grave battuta d'arresto e delle più pesanti perdite subite dal Partito, dal Paese e dal popolo dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese".[18][19]

  1. ^ Rivoluzione culturale in "Dizionario di Storia", su treccani.it. URL consultato il 10 marzo 2018.
  2. ^ (EN) Tom Phillips, The Cultural Revolution: all you need to know about China's political convulsion, su the Guardian, 11 maggio 2016. URL consultato il 10 marzo 2018.
  3. ^ (EN) "Revolutionary Committees Are Good", su Cornell University. URL consultato il 28 maggio 2021.
  4. ^ Bernardo Valli, L'utopia che in Cina fece milioni di morti, in Repubblica.it, 6 maggio 2016. URL consultato il 9 marzo 2018.
  5. ^ Lucian W. Pye, Reassessing the Cultural Revolution, in The China Quarterly, vol. 108, n. 108, 1986, pp. 597–612, DOI:10.1017/S0305741000037085, ISSN 0305-7410 (WC · ACNP), JSTOR 653530.
  6. ^ World Peace Foundation, China: the Cultural Revolution | Mass Atrocity Endings, su sites.tufts.edu. URL consultato il 29 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2019).
  7. ^ Source List and Detailed Death Tolls for the Primary Megadeaths of the Twentieth Century, in Necrometrics. URL consultato il 9 novembre 2014 (archiviato il 4 agosto 2012).
  8. ^ a b c (EN) Yongyi Song, Chronology of Mass Killings during the Chinese Cultural Revolution (1966-1976), su Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po). URL consultato il 1º aprile 2021.
  9. ^ SHENG-MEI MA, CONTRASTING TWO SURVIVAL LITERATURES: ON THE JEWISH HOLOCAUST AND THE CHINESE CULTURAL REVOLUTION, in Holocaust and Genocide Studies, vol. 2, n. 1, 1º gennaio 1987, pp. 81–93, DOI:10.1093/hgs/2.1.81. URL consultato il 1º aprile 2021.
  10. ^ (EN) Nicholas D. Kristof, A Tale of Red Guards and Cannibals, in The New York Times, 6 gennaio 1993, ISSN 0362-4331 (WC · ACNP). URL consultato il 30 novembre 2019.
  11. ^ a b Youqin Wang, Student Attacks Against Teachers: The Revolution of 1966 (PDF), su Università di Chicago, 2001 (archiviato il 17 aprile 2020).
  12. ^ 230,000 Died in a Dam Collapse That China Kept Secret for Years, su OZY, 17 febbraio 2019. URL consultato il 13 aprile 2021.
  13. ^ THE THREE GORGES DAM IN CHINA: Forced Resettlement, Suppression of Dissent and Labor Rights Concerns, su Human Rights Watch. URL consultato il 13 aprile 2021.
  14. ^ (ZH) 1975年那个黑色八月(上)(史海钩沉), su Quotidiano del Popolo (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2020).
  15. ^ (EN) Austin Ramzy, China’s Cultural Revolution, Explained, in The New York Times, 14 maggio 2016. URL consultato il 13 aprile 2021.
  16. ^ (EN) JACQUES DELISLE e AVERY GOLDSTEIN, China’s Economic Reform and Opening at Forty (PDF), su Brookings Institution.
  17. ^ (EN) Abraham Denmark, 40 years ago, Deng Xiaoping changed China — and the world, in Washington Post. URL consultato il 13 aprile 2021.
  18. ^ (ZH) 关于建国以来党的若干历史问题的决议, su Il governo centrale della Repubblica popolare cinese. URL consultato il 13 aprile 2021.
  19. ^ (EN) Resolution on Certain Questions in the History of Our Party since the Founding of the People’s Republic of China, su Woodrow Wilson International Center for Scholars.

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