La Battaglia di Santo Domingo, in un dipinto di January Suchodolski che raffigura uno scontro tra soldati polacchi al servizio della Francia e gli schiavi ribelli liberati dai soldati rivoluzionari haitiani
La rivoluzione haitiana (in franceseRévolution haïtienne) fu una rivolta scoppiata per l'abolizione della schiavitù e contro il colonialismo da parte di un gruppo di schiavi liberati contro il governo coloniale francese a Saint-Domingue, attuale Haiti. Essa incominciò il 22 agosto 1791 alle 22:00,[3] e si concluse nel 1804 con l'indipendenza della colonia. Era all'epoca l'unico stato che si era costituito in nazione indipendente grazie a una rivolta di schiavi e che fosse governato da non bianchi ma da ex prigionieri.[4] Essa fu uno dei momenti chiave nella storia del razzismo del Mondo Atlantico[5] e, stando ad alcuni storici, "ha sovvertito il linguaggio stesso dell'Illuminismo fornendo a quest'ultimo un significato che esso non aveva prima di allora".[6]
I suoi effetti, e in particolare le norme contrarie alla schiavitù, ebbero un notevole influsso sulla politica schiavista nelle Americhe. La fine del governo francese e l'abolizione della schiavitù nell'ex colonia venne celebrata anche per la collaborazione con i mulatti contro gli europei.[7][8][9] Rappresentò la più grande insurrezione di schiavi dall'epoca di Spartaco contro la Repubblica romana circa 1900 anni prima.[10] Essa contribuì fortemente a cambiare il credo comune sul ruolo di inferiorità delle persone nere e sulla capacità degli schiavi di ottenere e mantenere la loro libertà. La capacità organizzativa dei ribelli e la loro tenacia scioccò e spaventò molti schiavisti.[11]
^ Curtis Comstock, Sandra, Incorporating Comparisons in the Rift: Making Use of Cross-Place Events and Histories in Moments of World Historical Change, a chapter in Anna Amelina, Beyond methodological nationalism: research methodologies for cross-border studies, Taylor and Francis,, 2012, pp. 183-185, ISBN0-415-89962-1.
^ Vulliamy, Ed (a cura di), The 10 best revolutionaries, su theguardian.com, The Guardian, 28 agosto 2010. URL consultato il 15 dicembre 2015.