La rivoluzione industriosa una teoria avanzata per la prima volta nel 1994 in un articolo sul The Journal of Economic History dal professore olandese di storia economica europea Jan De Vries[1] e poi sviluppata più ampiamente nel suo libro The Industrious Revolution: Consumer Demand and the Household Economy, 1650 to the Present, uscita nel 2008 per la Cambridge University Press.[2] Secondo De Vries, nonostante i dati quantitativi dimostrassero il calo del potere d'acquisto dei salari individuali, i dati qualitativi dimostravano un aumento dei consumi di beni "voluttuari" ("rivoluzione dei consumi") spiegato dai comportamenti familiari durante il Seicento e in particolare in Olanda prima e poi in Inghilterra. Ci fu una crescita della domanda a fronte di un calo dei salari reali individuali ed un aumento della produttività a livello macro spiegati da una riallocazione delle risorse produttive all'interno della famiglia. Le famiglie aumentarono sia la partecipazione al lavoro (donne e bambini, ma anche meno assenze e feste) e sia la loro domanda di beni venduti sul mercato (“Lavorare di più per comprare di più”). Questa “rivoluzione industriosa” si concretizzò nei seguenti aspetti:
Questo sistema che possiamo definire un sistema di industria a domicilio, o protoindustria, fu un elemento caratteristico delle Fiandre e dell'Inghilterra. Lo sviluppo dei commerci fu favorito ovviamente dal lavoro della protoindustria, ma anche dal fatto che le potenze Europee si spinsero lungo le coste dell'Asia, Africa e America già nel Cinquecento—Seicento creando colonie ed empori commerciali e nel '600-'700 grazie alla loro tecnologia si assicurarono il monopolio degli scambi. Fu permesso così anche l'introduzione di nuove colture.