Robert Indiana, all'anagrafe Robert Clark (New Castle, 13 settembre 1928 – Vinalhaven, 19 maggio 2018[1]), è stato un artista, scenografo e costumista statunitense, associato al movimento della Pop Art.
Indiana si trasferì a New York nel 1954 e si unì al movimento della Pop Art, usando caratteristici disegni di immagini per realizzare approcci di arte commerciale mescolati con l'esistenzialismo, che evolsero gradualmente verso ciò che Indiana chiama "poesie scultoree". L'opera di Indiana spesso consiste di immagini audaci, semplici, iconiche, in particolare numeri e parole brevi come "EAT", "HUG" e "LOVE". È noto anche per aver dipinto lo straordinario campo da pallacanestro un tempo usato dai Milwaukee Bucks nel palazzetto dello sport di quella città, lo U.S. Cellular Arena, con una grande forma ad M che occupa le due metà del campo. La sua scultura nell'atrio del grattacielo Taipei 101, chiamata 1-0 (2002, alluminio), usa numeri multicolori per suggerire la conduzione del commercio mondiale e i modelli della vita umana.[2]
Indiana è stato scenografo e costumista teatrale, come nella produzione realizzata nel 1976 dalla Santa Fe Opera de La madre di tutti noi (The Mother of Us All) di Virgil Thomson, basata sulla vita della suffragetta statunitense Susan B. Anthony. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, Indiana produsse una serie di Dipinti della pace (Peace Paintings), che furono esposti a New York nel 2004.
Indiana visse come residente nella città isola di Vinalhaven, Maine, dal 1978. Apparve nel film Eat (1964) di Andy Warhol, che consiste in un'unica ripresa da 45 minuti di Indiana che mangia un fungo.