I sacrifici umani erano un aspetto importante della cultura e della religione azteca, nonostante le proporzioni di questa pratica siano tuttora in discussione tra gli studiosi. Gli spagnoli che per primi ebbero contatti con gli Aztechi dicono chiaramente nei propri scritti che il sacrificio umano era largamente praticato in tutta la Mesoamerica. Ad esempio, l'opera di Bernal Díaz del Castillo intitolata Historia verdadera de la conquista de la Nueva España comprende testimonianze oculari dei resti di vittime sacrificali. Inoltre esistono numerose fonti secondarie scritte dai frati che narrano di sacrifici umani, storie raccontate loro dagli stessi nativi americani.
Attualmente, quasi tutti gli studiosi accettano il fatto che i sacrifici fossero praticati all'interno dell'impero azteco, così come in tutta la Mesoamerica precolombiana. A partire dalla fine degli anni settanta, gli scavi delle offerte rinvenute presso il Templo Mayor di Tenochtitlán, la Piramide della Luna di Teotihuacan e altri siti archeologici, hanno fornito prove fisiche di sacrifici avvenuti tra i popoli mesoamericani.[1][2][3]
Sono state proposte dai moderni studiosi varie interpretazioni della pratica azteca del sacrificio umano, sia riguardanti il significato religioso sia quello sociale. Ad esempio, una teoria è quella secondo la quale la dieta mesoamericana era carente di proteine, e che il cannibalismo di vittime sacrificali era una componente necessaria della dieta del tempo.[4] Altre teorie collegano la pratica a speciali fattori socio-psicologici oppure la considerano uno strumento politico.
I sacrifici umani tra le popolazioni indigene precolombiane rappresentano un argomento dibattuto. La discussione in merito viaggia di pari passo con quella tendente a decidere se i popoli nativi americani fossero buoni selvaggi o barbari primitivi, con alcuni studiosi che tendono a romanticizzare la descrizione dei sacrifici umani, mentre altri tendono a estremizzarli.[5]